CLASSE TERZA AFM - PRIMO QUADRIMESTRE - ECONOMIA - VERSIONE ORDINARIA

L’ECONOMIA IN GENERALE

Definizione di economia politica, di attività economica, di bisogno

L’economia politica studia l’attività economica, ossia l’attività diretta a procurarsi i mezzi per soddisfare i bisogni.

Il bisogno in senso economico è un desiderio da soddisfare con un bene economico, cioè con una cosa limitata e, quindi, non liberamente disponibile.

Per esempio:

-           il bisogno di telefonare è un bisogno economico, in quanto i beni necessari per telefonare, cioè gli smartphone, sono limitati, nel senso che non sono liberamente disponibili, ma bisogna pagare per averli.

Classificazione dei bisogni

I bisogni economici si distinguono in:

-           primari e secondari: i bisogni primari sono quelli che devono essere soddisfatti per vivere, come, per esempio, il bisogno di bere; i bisogni secondari sono quelli che devono essere soddisfatti per vivere meglio, come, per esempio, il bisogno di telefonare;

-           pubblici e privati: i bisogni pubblici sono quelli soddisfatti dallo Stato, come, per esempio, il bisogno di avere un’istruzione minima; i bisogni privati sono quelli soddisfatti dai cittadini, come, per esempio, il bisogno di mangiare.

 

Definizione di bene e di servizio

Il bene economico è una cosa limitata e, quindi, non liberamente disponibile, con la conseguenza che, per averla, bisogna pagarla, come, per esempio, uno smartphone.

Un servizio è un’attività svolta per soddisfare un bisogno altrui, come, per esempio, la riparazione di un rubinetto fatta da un idraulico.

La ricchezza

La ricchezza è l’insieme dei beni che appartengono ad un soggetto.

Essa si distingue in patrimonio e reddito:

-           il patrimonio è l’insieme dei beni che appartengono ad un soggetto in un dato momento;

-           il reddito è l’insieme dei beni che il soggetto guadagna in un certo periodo; di solito, i beni guadagnati sono dei soldi.

Il reddito può essere sia speso che risparmiato.

Il reddito risparmiato può essere sia accantonato, cioè, messo da parte, o investito, cioè, usato per guadagnare.

Nel linguaggio comune, si parla spese indifferentemente di investimento o trading, dato che entrambi consistono nell’usare i soldi per guadagnare.

Mentre con il trading, però, si usano i soldi per guadagnare in un brevissimo periodo, che può essere pure di qualche ora, con l’investimento si usano i soldi per guadagnare in un periodo più lungo, che può durare pure diversi anni o decenni.

Con il trading, poi, i soldi si usano solo per comprare e vendere strumenti finanziari, come, per esempio, le azioni (l’azione è una parte del patrimonio di una società per azioni; così, per esempio, se una s.p.a. ha un patrimonio di 100.000 euro e 100.000 azioni, ogni azione varrà 1 euro).

Con l’investimento, invece, i soldi si usano per comprare sia strumenti finanziari che beni reali, come le case.

Il trading è più rischioso dell’investimento, soprattutto per il breve periodo in cui i soldi vengono impiegati; diciamo che è più simile a una scommessa, al gioco, che all’investimento vero e proprio.

Il trading è più impegnativo dell’investimento, perché che l’attenzione ai movimenti, in salita e in discesa, degli strumenti finanziari deve essere altissima, dato che un ritardo, anche solo di qualche ora, può causare grosse perdite.

Il trading può essere un vero e proprio lavoro, ma, per vivere di trading, occorre sia dedicarci molto tempo, e non solo qualche ora al giorno, sia avere una certa somma iniziale da rischiare, una somma che si è, cioè, disposti a perdere e che non può essere di soli 1.000 o 2.000 euro.

Il video visionato in classe, reperibile al link https://www.youtube.com/watch?v=l-8lpKhXBBs, suggerisce che, per vivere di trading, una soluzione potrebbe essere quella di usare il denaro guadagnato col trading non per fare altro trading, ma utilizzarlo, in parte, comprando ciò che ci serve, in parte, investendolo, come, per esempio, acquistando azioni o un immobile da affittare (si direbbe “locare”, ma “affittare” è più comune).

Nel video si dice che la somma minima per iniziare a fare trading va dai 10.000 ai 30.000 euro, ma si dice anche di iniziare dopo aver imparato a farlo con i conti “demo”, cioè con conti di prova, senza metterci denaro vero.

Un obiettivo accettabile è del 5% al mese sui soldi depositati nel conto trading.

Microeconomia e macroeconomia

L’economia politica si divide in due rami: la microeconomia e la macroeconomia.

La microeconomia studia il comportamento dei singoli operatori economici, come, per esempio, la reazione del consumatore all’aumento del prezzo di un bene.

La macroeconomia studia il comportamento dell’insieme degli operatori economici, come, per esempio, le conseguenze dell’inflazione, ossia dell’aumento generale dei prezzi.

I sistemi economici nel mondo

Definizione di sistema economico e soggetti economici

Il sistema economico è l’insieme dei soggetti che svolgono attività economica e delle relazioni che ci sono fra di essi.

I soggetti sono le famiglie, che consumano, gli imprenditori, che producono, lo Stato, che incassa i tributi ed offre servizi, il resto del mondo, che è formato dalle famiglie, imprese e Stati esteri.

Più in particolare:

-       le famiglie lavorano, guadagnano e, con i soldi guadagnati, pagano le tasse, consumano, risparmiano e investono (cioè utilizzano il risparmio per guadagnare, per esempio dandolo a chi è disposto a pagare gli interessi sul denaro ricevuto);

-       gli imprenditori danno lavoro, producono, vendono, guadagnano e, con il guadagno, pagano le tasse, consumano, risparmiano e investono;

-       lo Stato dà lavoro, riscuote le tasse e, con gli incassi, produce servizi (come la scuola);

-       il resto del mondo ha relazioni economiche con l’Italia, come, per esempio, quando la famiglia straniera che viene in Italia in vacanza, comprerà beni e servizi dalle imprese italiane.

L’evoluzione storica del sistema economico

L’evoluzione storica del sistema economico può essere suddivisa in tre tappe fondamentali.

Nella prima, risalente all’apparizione dell’uomo sulla terra, le persone consumavano quello che producevano (cosiddetto “autoconsumo”); si pensi a coloro che si procacciavano da mangiare con i frutti degli alberi, con la caccia o la pesca.

Nella seconda tappa, non databile in modo esatto, le persone hanno cominciato a procurarsi i beni anche mediante lo scambio: chi produceva un dato bene lo scambiava con un bene diverso prodotto da altri.

L’economia basata sullo scambio ha fatto sì che le persone tendessero a specializzarsi nella produzione di determinati beni da scambiare con coloro che ne producevano altri; si pensi, per esempio, alle diverse figure dei pescatori, cacciatori e, poi, via via nel tempo, agricoltori, artigiani e commercianti.

Nella terza tappa, iniziata alla fine del 1700, si è affermato il capitalismo, caratterizzato:

1)    dalla proprietà dei mezzi di produzione (per esempio, fabbriche) in capo a poche persone, i capitalisti;

2)    dalla produzione di massa: mentre prima gli artigiani producevano, su ordinazione, solo i beni che venivano loro richiesti, ora i capitalisti producono beni in massa, cioè molti beni, prima che vengano ordinati;

3)    dall’impiego nella produzione di un gran numero di lavoratori dipendenti;

4)    dal reimpiego del denaro guadagnato nell’acquisto di nuovi mezzi di produzione, con conseguente aumento della produzione e, quindi, del guadagno.

Il sistema capitalistico ha fatto molto discutere: secondo alcuni, ha generato una grande disparità di ricchezza fra i capitalisti, che sono diventati ricchissimi, e i lavoratori alle loro dipendenze; secondo altri, esso ha fatto crescere la ricchezza nel mondo, di cui tutti, sebbene in misura diversa, hanno beneficiato.

Le critiche, ma anche le lotte, al sistema capitalistico hanno portato, nel mondo moderno, alla creazione di altri sistemi economici: il sistema collettivista e il sistema misto, con le caratteristiche sintetizzate nella tabella che segue:

 

SISTEMA CAPITALISTA

SISTEMA COLLETTIVISTA

SISTEMA MISTO

Beni e servizi sono prodotti dai privati.

Beni e servizi sono prodotti dallo Stato.

Beni e servizi sono prodotti sia dai privati che dallo Stato, il quale, inoltre, interviene, in certi casi, nella produzione effettuata dai privati.

Nella maggior parte dei Paesi nel mondo, e comunque in Italia, il sistema adottato è quello misto.

 

IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE E I MERCATI

Il denaro

Il denaro è un bene particolare rispetto al quale il comportamento del consumatore non appare del tutto razionale.

Secondo la teoria tradizionale, il denaro è un bene fungibile, cioè sostituibile, nel senso, per esempio, che tutte le banconote da 100 € hanno lo stesso valore.

Secondo la teoria dell’economia emotiva, invece, il denaro non sempre è fungibile, nel senso, per esempio, che le banconote da 100 € NON hanno sempre tutte lo stesso valore.

Come è possibile che due banconote entrambe di 100 € non abbiano lo stesso valore?

Per capirlo, occorre considerare che le persone dividono il loro denaro in conti mentali, che sono come cassetti della propria mente, e attribuiscono un valore diverso al denaro messo in un certo cassetto rispetto al denaro inserito in un altro cassetto.

I cassetti mentali si suddividono in due categorie: fonte del denaro; destinazione del denaro.

Sotto il profilo della fonte da cui il denaro proviene, noi:

-       mettiamo:

·       il denaro guadagnato con il nostro lavoro in un certo cassetto virtuale;

·       il denaro trovato per strada in un altro cassetto;

·       il denaro vinto alla lotteria in un altro ancora e via dicendo;

-       attribuiamo, poi, un valore diverso al denaro messo in un cassetto rispetto al denaro messo in un altro.

Così, per esempio, se trovo per strada 100 euro, probabilmente li spenderò senza pensarci più di tanto, mentre se guadagno 100 euro, è probabile che non li spenda con altrettanta facilità; ciò perché, per noi, il denaro guadagnato ha di solito più valore di quello vinto.

Sul piano della destinazione del denaro, cioè dell’uso a cui il denaro è destinato, per noi il valore del denaro cambia non solo in base al tipo di bisogno da soddisfare, ma anche alla specificità o meno dello scopo perseguito ed al maggiore o minor prezzo del bene da acquistare.

Quanto a:

-       tipo di bisogno da soddisfare: se, per esempio, una persona smarrisce il portafoglio con dentro solo 500 € per pagare l’affitto, è certo che si procurerà altri 500 € per pagare l’affitto, mentre se smarrisce il portafoglio con dentro il biglietto di ingresso allo stadio, pagato, con grande sacrificio, 250 €, è probabile che non compri un altro biglietto per vedere la partita, soprattutto se 250 € fossero la somma massima che quella persona è disposta a spendere per divertirsi;

-       specificità o meno dello scopo perseguito: se, per esempio, una persona smarrisce il portafoglio con dentro la somma di 1.000 euro, di cui doveva spenderne 500 per pagare l’affitto, è certo che utilizzerà il bancomat per procurarsi altri 500 per l’affitto, ma è anche probabile che spenda 250 euro per comprarsi un biglietto per vedere la partita. Perché?  Perché, mentre nel caso di smarrimento del biglietto da 250 €, è come se si fosse esaurito il conto destinato al divertimento, nell’ipotesi di smarrimento del denaro, per lui non vi è ragione di ritenere che proprio il conto del divertimento sia stato consumato; anzi, proprio per riprendersi dalla delusione dello smarrimento, è possibile che ritenga il divertimento ancor più necessario;

-       maggiore o minor prezzo del bene da acquistare: il soggetto valuta il denaro da spendere non in termini assoluti, ma percentuali. Così, per esempio, se una persona deve acquistare uno smartphone che nel negozio sotto casa costa 100 €, mentre a cinque chilometri di distanza viene venduto a 90 €, è probabile che lo compri nel negozio lontano, in quanto la differenza è del 10%; se, invece, deve acquistare un’automobile che vicino costa 10.000 €, mentre lontano viene venduta a 9.990 €, è probabile che l’acquisti presso la concessionaria che sta sotto casa, atteso che la differenza è solo dell’1%. In tutti e due i casi, insomma, la differenza, in termini assoluti, è di 10 euro, ma, in termini percentuali, nel primo caso, la differenza è del 10%, nel secondo è solo dell’1%.

 

Utilità economica e scelta dei bisogni da soddisfare

L’utilità economica è la possibilità di un bene di soddisfare un bisogno.

La scelta dei bisogni da soddisfare deriva dal fatto che i bisogni sono illimitati, mentre i beni per soddisfarli sono limitati: in altre parole, ciò che guadagniamo non basta per comprare tutto quello che vorremmo avere!

Per esempio, se ho due bisogni, nutrirmi e divertirmi, ma ho soldi solo per uno dei due, devo scegliere quale di essi soddisfare; se, invece, ho soldi sia per nutrirmi che per divertirmi, devo scegliere quanti soldi spendere per ciascuno dei due bisogni.

La scelta razionale è quella che, con i limitati soldi che abbiamo, ci permette di soddisfare al massimo i nostri bisogni.

 

Effetti distorsivi della scelta dei bisogni da soddisfare: disturbo, ancoraggio e costi sommersi

L’effetto distorsivo della scelta dei bisogni da soddisfare è il fenomeno che interferisce con la razionalità della scelta stessa, cioè la impedisce o la limita.

Gli effetti distorsivi delle scelte economiche sono l’effetto “disturbo”, l’effetto “costi sommersi” e l’effetto “ancoraggio”.

L’effetto “disturbo” è un elemento che modifica l’ordine delle preferenze di una persona.

Pe esempio: se tra comprare uno smartphone Samsung o non comprare uno smartphone, scelgo di comprarlo, il mio ordine di preferenze è:

-           al primo posto, acquistare il Samsung;

-           al secondo posto, non acquistare uno smartphone.

L’effetto “disturbo” potrebbe modificare il mio ordine di preferenze, nel senso che:

-           al primo posto ci potrebbe essere non acquistare uno smartphone;

-           al secondo posto, acquistare il Samsung o altro smarphone.

Per esempio, immaginiamo che, nel negozio in cui mi sono recato per l’acquisto, il commesso mi suggerisca di comprare, al posto del Samsung, uno Xiaomi, meno famoso, ma anche meno costoso e comunque con le stesse caratteristiche o quasi del Samsung da me scelto. A questo punto, potrei non essere più convinto di acquistare il Samsung, ma, nello stesso tempo, potrei essere incerto se comprare o meno lo Xiaomi, con la conseguenza che potrei decidere di non prendere nessuno dei due e rinviare l’acquisto.

Il suggerimento di acquisto dello Xiaomi è l’effetto “disturbo”, che ha causato la modifica del mio ordine di preferenze: al primo posto, non acquistare uno smartphone; al secondo posto, acquistare il Samsung o lo Xiaomi.

 

Approfondimento dell’effetto disturbo

L’effetto disturbo contrasta con il principio di regolarità delle scelte, in base al quale se io preferisco la scelta 1 alla scelta2 e la scelta 2 alla 3, allora dovrei preferire anche la scelta 1 alla 3.

Le scelte economiche, tuttavia, non sempre avvengono secondo il principio di regolarità.

Approfondiamo l’esempio fatto sopra, cambiando un po’ gli oggetti dell’acquisto.

Supponiamo che io preferisca uno smartphone Samsung (scelta 1) al Motorola (scelta 2).

Penso di non avere i soldi per un Samsung e, quindi, non potendomelo permettere, non posso che ripiegare sul Motorola, per il quale ho il denaro che serve.

Nella vetrina di un negozio vedo uno smartphone Motorola al prezzo scontato di 150 € (il prezzo originario era di 200 €: lo sconto è di 50 €); in tasca ho 180 € e con i 30 € che mi resterebbero potrei comprare una nuova sim, una cover decente e mi resterebbe pure qualcosina per festeggiare l’acquisto.

Decido, quindi, di acquistarlo.

In pratica, preferisco acquistare lo smartphone Motorola piuttosto che non acquistare nulla (cioè, per tornare al principio di regolarità, ricordando che l’acquisto del Samsung era la scelta 1: preferisco la scelta 2, acquisto del Motorola, alla scelta 3, il non acquistare nulla).

Entro nel negozio e lì vedo uno smartphone Samsung al prezzo scontato di 180 € (il prezzo originario era di 210 €: lo sconto è di 30 €). Ho sempre desiderato il Samsung e adesso è a prezzo scontato.

Decisamente, preferisco il Samsung (scelta 1) al Motorola (scelta 2) e, in più, me lo posso ancora permettere. Ho giusto 180 €.

Secondo il principio di regolarità, se io preferisco lo smartphone Samsung (scelta 1) allo smartphone Motorola (scelta 2) e comunque il Motorola al non acquistare nulla (scelta 3), dovrei ovviamente preferire lo smartphone Samsung (scelta 1) al non acquistare niente (scelta 3).

Tuttavia, a questo punto, inizia l’indecisione: mi vengono mille pensieri: “Non è che il Motorola è molto scontato perché magari non è buono e sta per essere superato da un nuovo modello?” “Ma i Samsung non sono meglio dei Motorola”? “Se compro il Samsung faccio comunque un affare: è scontato!!! “Però, se prendo il Samsung, non posso più comprare la SIM e neanche la cover e manco posso festeggiare…”.

Comincia a serpeggiare un pensiero, che presto potrebbe diventare dominante: “Non è che mi conviene aspettare e acquistare il Samsung quando sarà ancora più scontato? Forse, addirittura, uscirà un nuovo modello a prezzo di lancio più basso…”.

Alla fine, decido di non comprare: in pratica: preferisco il Samsung al Motorola (scelta 1 a scelta 2), il Motorola al non acquisto (scelta 2 a scelta 3), ma… preferisco non acquistare al Samsung (invece di scelta 1 a scelta 3, preferisco scelta 3 a scelta 1, con buona pace del principio di regolarità).

CHE COS’È, QUINDI, L’EFFETTO DISTURBO? È LA MODIFICA DELL’ORDINE DELLE PREFERENZE CHE SI PUÒ VERIFICARE QUANDO, NELLO SCEGLIERE TRA DUE O PIÙ POSSIBILITÀ (NELL’ESEMPIO: TRA SMARTPHONE MOTOROLA E NON ACQUISTO), SE NE INTRODUCE UN’ALTRA (LO SMARTPHONE SAMSUNG).

L’effetto disturbo si verifica pure in campo non economico.

Primo esempio

Se un medico deve scegliere:

1) se fare un trapianto a un uomo anziano e senza figli, oppure a una donna giovane con figli, sceglierà senza dubbio di farlo alla donna giovane senza figlie;

2) se fare un trapianto a un uomo anziano e senza figli, che con il trapianto guarirà sicuramente, oppure a una donna giovane con figli, che, con il trapianto ha l’80% di probabilità di guarire, sceglierà, ancora, probabilmente, di farlo alla donna giovane con figli;

3) se fare un trapianto a un uomo anziano e senza figli, che con il trapianto guarirà sicuramente, oppure a una donna giovane con figli, che, con il trapianto ha l’80% di probabilità di guarire oppure, ancora ad un’altra donna giovane con figli, che, con il trapianto ha pure lei l’80% di probabilità di guarire, è possibile che il medico, nell’incertezza tra le due donne, sceglierà di fare il trapianto all’uomo, che guarirà certamente.

La possibilità di trapianto ad un’altra donna nelle medesime condizioni della prima ha prodotto l’effetto disturbo.

Secondo esempio

Se mi venisse offerta la possibilità di sedermi al banco da solo o con un compagno di classe che mi è simpatico, è probabile che preferisca sedermi in compagnia piuttosto che da solo (preferisco la compagnia alla solitudine), ma se mi venisse offerta la possibilità sedermi al banco da solo o con un compagno di classe che mi è simpatico o con altro compagno di classe altrettanto simpatico, è probabile che, per non far torto a nessuno, preferisca sedermi da solo piuttosto che in compagnia.

La possibilità di sedermi con un altro compagno rispetto al primo ha prodotto l’effetto disturbo.

 

Il costo sommerso è un costo irrecuperabile (come una cosa affondata nel mare, sommersa), cioè, in pratica, il costo che una persona sostiene per acquistare un bene o un servizio, ma che non può recuperare rivendendo il bene o il servizio acquistato.

L’effetto “costi sommersi” modifica la scelta che si farebbe se non avessimo già speso dei soldi; soldi che in nessun caso potremmo riavere indietro.

Per esempio, se ho speso 100 € per comprare un paio di scarpe, che poi non mi piacciono, è probabile che le conservi, senza indossarle, occupando inutilmente spazio, dato che ormai ci ho speso sopra 100 €.

Approfondimento dell’effetto “costi sommersi”

Supponiamo che l’azienda “Niceshoe” investa 10 milioni di euro per fabbricare un nuovo tipo di scarpa; nel momento in cui il nuovo modello è quasi pronto e l’azienda ha speso 8 milioni di euro, un’impresa concorrente, la “Best shoe”, lancia sul mercato un modello analogo, ma qualitativamente migliore e meno costoso, con la conseguenza che se anche la “Niceshoe” portasse a termine il progetto, difficilmente riuscirebbe a vendere la scarpa.

Di fronte a una scelta simile, la maggior parte delle persone spenderebbe i 2 milioni residui per completare il progetto.

Supponiamo, questa volta, che l’azienda “Niceshoe” decida di investire 2 milioni di euro per fabbricare un nuovo tipo di scarpa, ma, prima di cominciare a spendere i soldi, scopra che la “Best shoe” ha appena lanciato sul mercato un modello analogo, ma qualitativamente migliore e meno costoso, con la conseguenza che se anche la “Niceshoe” producesse la scarpa, difficilmente riuscirebbe a venderla.

In questo secondo caso, nessuno probabilmente spenderebbe i due milioni per un progetto che nascerebbe già fallito.

ATTENZIONE!

IN ENTRAMBI I CASI, SI TRATTA DI SPENDERE INUTILMENTE BEN 2 MILIONI DI EURO: NEL PRIMO CASO, PERÒ, LA MAGGIOR PARTE LI SPENDEREBBE PER NON AVERE LA SENSAZIONE DI AVER BUTTATO I PRIMI 8 MILIONI (COSTO SOMMERSO); NEL SECONDO CASO, INVECE, NESSUNO SAREBBE DISPOSTO A SPENDERLI, DATO CHE IN PRECEDENZA NON SONO STATI SPESI ALTRI SOLDI.

 

L’effetto “ancoraggio” modifica la scelta che si farebbe sulla base di un elemento che fa da “ancora” e di cui non si dovrebbe, invece, tenere conto.

Per esempio, immaginiamo che, in un negozio che non conosciamo (nel senso che non sappiamo se possiamo avere o meno fiducia nell’onestà del commerciante), vediamo due giacche che ci piacciono, ma di cui non siamo in grado di stabilirne il valore; supponiamo che le giacche costino 100 € ciascuna, ma la seconda è scontata del 20 % (per cui sul cartellino c’è scritto il prezzo originario di 120 € e il prezzo scontato di 100 €).

In tal caso, è probabile che, nel dubbio, compreremmo la seconda giacca, perché pensiamo che sia di maggior valore, mentre, in realtà, è possibile che il commerciante, non essendo riuscito a venderla, può aver deciso di fare uno sconto apparente proprio per indurre le persone a comprarla.

 

Approfondimento dell’effetto “ancoraggio”

L’effetto ancoraggio si produce anche al di fuori dell’economia.

Uno studio dell’American Child Health Association, riportato su Economia emotiva di Matteo Motterlini (da cui sono pure tratti, ampiamente rielaborati, gli effetti “disturbo” e “costi sommersi”), lo ha dimostrato.

Un pediatra di New York visita 400 bambini di 11 anni non sottoposti a tonsillectomia (intervento di eliminazione delle tonsille), affermando che 180 di essi vanno operati (il 45% dei bambini) e 220 no.

Un secondo pediatra della stessa città visita i 220 bambini ritenuti sani dal primo pediatra e afferma che 101 devono essere operati (il 46% dei bambini che secondo il pediatra precedente erano sani) e 119 no.

Un terzo pediatra della stessa città visita i 119 bambini ritenuti sani dal secondo pediatra (e, quindi, anche dal primo) e afferma che 52 di essi (il 44% dei bambini che secondo il precedente pediatra erano sani) devono essere operati e 67 no.

Alla fine dei giochi, per il primo pediatra, i bambini da operare sono solo 180; per il primo e il secondo pediatra, insieme, i bambini da operare diventano 281 (180+101); per il primo, il secondo e il terzo pediatra insieme, i bambini da operare diventano addirittura 333 (180+101+52), cioè quasi tutti i bambini messi insieme, che erano 400.

Ma com’è possibile che si verifichi una cosa del genere?

Perché i pediatri, come poi facciamo tutti nelle nostre scelte quotidiane, hanno preso come punto di riferimento, come àncora, l’aspettativa che circa il 50% dei bambini di 11 anni abbia bisogno della tonsillectomia, per cui, visitando i bambini, credevano che il 50% di loro ne avesse necessità, anche se si trattava di bambini che altri pediatri avevano già ritenuto sani.

 

Mercato, domanda e offerta

Legge della domanda e dell’offerta

Prezzo di equilibrio

Il mercato è il luogo di incontro tra chi vende e chi compra.

Domanda è la quantità di un bene che una persona è disposta a comprare a un certo prezzo.

Così, per esempio, la domanda di gelato è la quantità di gelati che una persona è disposta a comprare al prezzo di 1 euro a gelato.

Secondo la legge della domanda:

-       se il prezzo di un bene aumenta, la domanda di quel bene diminuisce;

-       se il prezzo di un bene diminuisce, la domanda di quel bene aumenta;

-       se la domanda di un bene aumenta, anche il suo prezzo sale;

-       se la domanda di un bene diminuisce, anche il suo prezzo scende.

Nel grafico che segue è rappresentata la domanda di gelato: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è riportato il numero di gelati che una persona è disposta a comprare.

Come si vede, se il prezzo aumenta, la domanda di gelato, cioè il numero di gelati che si è disposti a comprare, diminuisce.

 

Offerta è la quantità di un bene che una persona è disposta a vendere a un certo prezzo.

Così, per esempio, l’offerta di gelato è la quantità di gelati che una persona è disposta a vendere al prezzo di 1 euro a gelato.

Secondo la legge dell’offerta:

-       se il prezzo di un bene aumenta, anche l’offerta di quel bene aumenta;

-       se il prezzo di un bene diminuisce, anche l’offerta di quel bene diminuisce;

-       se l’offerta di un bene aumenta, il suo prezzo scende;

-       se l’offerta di un bene diminuisce, il suo prezzo sale.

Nel grafico che segue è rappresentata l’offerta di gelato: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è riportato il numero di gelati che una persona è disposta a vendere.

Come si vede, se il prezzo aumenta, l’offerta di gelato, cioè il numero di gelati che si è disposti a vendere, aumenta.

 

 

 

Il prezzo di equilibrio si ha quando la somma che il compratore è disposto a pagare e la somma che il venditore è disposto ad accettare per un dato bene sono uguali.

Nel grafico che segue è rappresentato il prezzo di equilibrio: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è riportato il numero di gelati che una persona è disposta a vendere.

Come si vede, al prezzo di 2,167 euro, la domanda e l’offerta di gelato sono uguali, cioè il numero di gelati che si è disposti a comprare e a vendere è lo stesso ed è 3,33 gelati.

Elasticità della domanda e dell’offerta

La misura in cui la domanda e l’offerta variano al variare del prezzo si dice elasticità:

-       più la domanda e l’offerta variano al variare del prezzo, più esse sono elastiche;

-       meno la domanda e l’offerta variano al variare del prezzo, meno esse sono elastiche (si dice anche: meno la domanda o l’offerta variano al variare del prezzo, più esse sono rigide).

I beni primari sono a domanda rigida, mentre quelli secondari sono a domanda elastica, eccezion fatta per i beni di gran lusso, che sono a domanda rigida, in quanto chi se li può permettere li compra anche se il loro prezzo varia.

I beni di cui è facile adeguare la produzione alla richiesta sono a offerta elastica e, viceversa, i beni di cui è difficile adeguare la produzione alla richiesta sono a offerta rigida.

Più in generale, i beni sono a offerta tendenzialmente rigida nel breve periodo, in cui non si può modificare la capacità produttiva degli impianti; sono a offerta mediamente elastica nel medio periodo, in cui si può variare la capacità produttiva degli impianti esistenti; sono a offerta elastica nel lungo periodo, in cui è possibile modificare gli impianti o installarne di nuovi.

 

Le forme di mercato

Per forma di mercato si intendono le condizioni in cui avvengono domanda e l’offerta.

Le principali forme di mercato sono la concorrenza perfetta, la concorrenza imperfetta, il monopolio e l’oligopolio.

La concorrenza perfetta ha i seguenti caratteri:

-       atomicità, nel senso che ci sono numerosi venditori e compratori;

-       trasparenza: venditori e compratori conoscono prezzi e qualità della merce;

-       libertà di entrata e uscita dal mercato: non ci sono costi elevati per cominciare o smettere di vendere o acquistare;

-       omogeneità del prodotto: tutti i venditori vendono lo stesso identico bene.

La concorrenza perfetta è difficilmente riscontrabile nella realtà; si può pensare alla vendita di azioni delle società.

Le azioni sono dei titoli che attribuiscono la comproprietà di una società. Così, per esempio, le azioni della TIM attribuiscono a chi le possiede la comproprietà della TIM, cioè il diritto, tra gli altri, di percepire una parte dei guadagni della stessa.

La concorrenza imperfetta si differenzia dalla concorrenza perfetta per il fatto che i beni venduti dai vari venditori sono simili, ma non identici. È la forma più diffusa di mercato; basti pensare ai bar.

Il monopolio si ha quando vi è un solo venditore, come, per esempio, lo Stato rispetto alla vendita dei tabacchi.

L’oligopolio si ha quando vi sono pochi grandi venditori, come nel caso dei produttori di automobili.

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