CLASSE TERZA AFM - PRIMO QUADRIMESTRE - ECONOMIA - VERSIONE ORDINARIA
L’ECONOMIA IN GENERALE
Definizione
di economia politica, di attività economica, di bisogno
L’economia politica studia
l’attività economica, ossia l’attività diretta a procurarsi i mezzi per
soddisfare i bisogni.
Il bisogno in senso economico è
un desiderio da soddisfare con un bene economico, cioè con una cosa limitata e,
quindi, non liberamente disponibile.
Per esempio:
- il
bisogno di telefonare è un bisogno economico, in quanto i beni necessari per
telefonare, cioè gli smartphone, sono limitati, nel senso che non sono
liberamente disponibili, ma bisogna pagare per averli.
Classificazione
dei bisogni
I bisogni economici si
distinguono in:
- primari
e secondari: i bisogni primari sono quelli che devono essere soddisfatti per
vivere, come, per esempio, il bisogno di bere; i bisogni secondari sono quelli
che devono essere soddisfatti per vivere meglio, come, per esempio, il bisogno
di telefonare;
- pubblici
e privati: i bisogni pubblici sono quelli soddisfatti dallo Stato, come, per
esempio, il bisogno di avere un’istruzione minima; i bisogni privati sono
quelli soddisfatti dai cittadini, come, per esempio, il bisogno di mangiare.
Definizione
di bene e di servizio
Il bene economico è una cosa
limitata e, quindi, non liberamente disponibile, con la conseguenza che, per
averla, bisogna pagarla, come, per esempio, uno smartphone.
Un servizio è un’attività svolta
per soddisfare un bisogno altrui, come, per esempio, la riparazione di un
rubinetto fatta da un idraulico.
La
ricchezza
La ricchezza è l’insieme dei beni
che appartengono ad un soggetto.
Essa si distingue in patrimonio e
reddito:
- il
patrimonio è l’insieme dei beni che appartengono ad un soggetto in un dato
momento;
- il
reddito è l’insieme dei beni che il soggetto guadagna in un certo periodo; di
solito, i beni guadagnati sono dei soldi.
Il reddito può essere sia speso
che risparmiato.
Il reddito risparmiato può essere
sia accantonato, cioè, messo da parte, o investito, cioè, usato per guadagnare.
Nel linguaggio comune, si parla
spese indifferentemente di investimento o trading, dato che entrambi consistono
nell’usare i soldi per guadagnare.
Mentre con il trading, però, si
usano i soldi per guadagnare in un brevissimo periodo, che può essere pure di
qualche ora, con l’investimento si usano i soldi per guadagnare in un periodo
più lungo, che può durare pure diversi anni o decenni.
Con il trading, poi, i soldi si
usano solo per comprare e vendere strumenti finanziari, come, per esempio, le
azioni (l’azione è una parte del patrimonio di una società per azioni; così,
per esempio, se una s.p.a. ha un patrimonio di 100.000 euro e 100.000 azioni,
ogni azione varrà 1 euro).
Con l’investimento, invece, i
soldi si usano per comprare sia strumenti finanziari che beni reali, come le
case.
Il trading è più rischioso
dell’investimento, soprattutto per il breve periodo in cui i soldi vengono
impiegati; diciamo che è più simile a una scommessa, al gioco, che
all’investimento vero e proprio.
Il trading è più impegnativo
dell’investimento, perché che l’attenzione ai movimenti, in salita e in
discesa, degli strumenti finanziari deve essere altissima, dato che un ritardo,
anche solo di qualche ora, può causare grosse perdite.
Il trading può essere un vero e
proprio lavoro, ma, per vivere di trading, occorre sia dedicarci molto tempo, e
non solo qualche ora al giorno, sia avere una certa somma iniziale da
rischiare, una somma che si è, cioè, disposti a perdere e che non può essere di
soli 1.000 o 2.000 euro.
Il video visionato in classe,
reperibile al link https://www.youtube.com/watch?v=l-8lpKhXBBs,
suggerisce che, per vivere di trading, una soluzione potrebbe essere quella di
usare il denaro guadagnato col trading non per fare altro trading, ma
utilizzarlo, in parte, comprando ciò che ci serve, in parte, investendolo,
come, per esempio, acquistando azioni o un immobile da affittare (si direbbe
“locare”, ma “affittare” è più comune).
Nel video si dice che la somma
minima per iniziare a fare trading va dai 10.000 ai 30.000 euro, ma si dice
anche di iniziare dopo aver imparato a farlo con i conti “demo”, cioè con conti
di prova, senza metterci denaro vero.
Un obiettivo accettabile è del 5%
al mese sui soldi depositati nel conto trading.
Microeconomia
e macroeconomia
L’economia politica si divide in
due rami: la microeconomia e la macroeconomia.
La microeconomia studia il
comportamento dei singoli operatori economici, come, per esempio, la reazione
del consumatore all’aumento del prezzo di un bene.
La macroeconomia studia il
comportamento dell’insieme degli operatori economici, come, per esempio, le
conseguenze dell’inflazione, ossia dell’aumento generale dei prezzi.
I sistemi economici
nel mondo
Definizione di sistema economico e soggetti economici
Il sistema economico è
l’insieme dei soggetti che svolgono attività economica e delle relazioni che ci
sono fra di essi.
I soggetti sono le famiglie,
che consumano, gli imprenditori, che producono, lo Stato, che incassa i tributi
ed offre servizi, il resto del mondo, che è formato dalle famiglie, imprese e
Stati esteri.
Più in particolare:
- le famiglie lavorano,
guadagnano e, con i soldi guadagnati, pagano le tasse, consumano, risparmiano e
investono (cioè utilizzano il risparmio per guadagnare, per esempio dandolo a
chi è disposto a pagare gli interessi sul denaro ricevuto);
- gli imprenditori danno
lavoro, producono, vendono, guadagnano e, con il guadagno, pagano le tasse,
consumano, risparmiano e investono;
- lo Stato dà lavoro, riscuote
le tasse e, con gli incassi, produce servizi (come la scuola);
- il resto del mondo ha
relazioni economiche con l’Italia, come, per esempio, quando la famiglia
straniera che viene in Italia in vacanza, comprerà beni e servizi dalle imprese
italiane.
L’evoluzione storica del sistema
economico
L’evoluzione
storica del sistema economico può essere suddivisa in tre tappe fondamentali.
Nella
prima, risalente all’apparizione dell’uomo sulla terra, le persone consumavano
quello che producevano (cosiddetto “autoconsumo”); si pensi a coloro che si
procacciavano da mangiare con i frutti degli alberi, con la caccia o la pesca.
Nella
seconda tappa, non databile in modo esatto, le persone hanno cominciato a
procurarsi i beni anche mediante lo scambio: chi produceva un dato bene lo
scambiava con un bene diverso prodotto da altri.
L’economia
basata sullo scambio ha fatto sì che le persone tendessero a specializzarsi
nella produzione di determinati beni da scambiare con coloro che ne producevano
altri; si pensi, per esempio, alle diverse figure dei pescatori, cacciatori e,
poi, via via nel tempo, agricoltori, artigiani e commercianti.
Nella
terza tappa, iniziata alla fine del 1700, si è affermato il capitalismo,
caratterizzato:
1) dalla proprietà dei mezzi di
produzione (per esempio, fabbriche) in capo a poche persone, i capitalisti;
2) dalla produzione di massa:
mentre prima gli artigiani producevano, su ordinazione, solo i beni che
venivano loro richiesti, ora i capitalisti producono beni in massa, cioè molti
beni, prima che vengano ordinati;
3) dall’impiego nella produzione
di un gran numero di lavoratori dipendenti;
4) dal reimpiego del denaro
guadagnato nell’acquisto di nuovi mezzi di produzione, con conseguente aumento
della produzione e, quindi, del guadagno.
Il
sistema capitalistico ha fatto molto discutere: secondo alcuni, ha generato una
grande disparità di ricchezza fra i capitalisti, che sono diventati
ricchissimi, e i lavoratori alle loro dipendenze; secondo altri, esso ha fatto
crescere la ricchezza nel mondo, di cui tutti, sebbene in misura diversa, hanno
beneficiato.
Le
critiche, ma anche le lotte, al sistema capitalistico hanno portato, nel mondo
moderno, alla creazione di altri sistemi economici: il sistema collettivista e
il sistema misto, con le caratteristiche sintetizzate nella tabella che segue:
SISTEMA CAPITALISTA |
SISTEMA COLLETTIVISTA |
SISTEMA MISTO |
Beni e servizi sono
prodotti dai privati. |
Beni e servizi sono
prodotti dallo Stato. |
Beni e servizi sono
prodotti sia dai privati che dallo Stato, il quale, inoltre, interviene, in
certi casi, nella produzione effettuata dai privati. |
Nella
maggior parte dei Paesi nel mondo, e comunque in Italia, il sistema adottato è
quello misto.
IL
COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE E I MERCATI
Il denaro
Il denaro è un bene
particolare rispetto al quale il comportamento del consumatore non appare del
tutto razionale.
Secondo la teoria
tradizionale, il denaro è un bene fungibile, cioè sostituibile, nel senso, per
esempio, che tutte le banconote da 100 € hanno lo stesso valore.
Secondo la teoria
dell’economia emotiva, invece, il denaro non sempre è fungibile, nel senso, per
esempio, che le banconote da 100 € NON hanno sempre tutte lo stesso valore.
Come è possibile che due
banconote entrambe di 100 € non abbiano lo stesso valore?
Per capirlo, occorre
considerare che le persone dividono il loro denaro in conti mentali, che sono
come cassetti della propria mente, e attribuiscono un valore diverso al denaro
messo in un certo cassetto rispetto al denaro inserito in un altro cassetto.
I cassetti mentali si
suddividono in due categorie: fonte del denaro; destinazione del denaro.
Sotto il profilo della fonte
da cui il denaro proviene, noi:
- mettiamo:
·
il
denaro guadagnato con il nostro lavoro in un certo cassetto virtuale;
·
il
denaro trovato per strada in un altro cassetto;
·
il
denaro vinto alla lotteria in un altro ancora e via dicendo;
- attribuiamo, poi, un valore
diverso al denaro messo in un cassetto rispetto al denaro messo in un altro.
Così, per esempio, se trovo
per strada 100 euro, probabilmente li spenderò senza pensarci più di tanto,
mentre se guadagno 100 euro, è probabile che non li spenda con altrettanta
facilità; ciò perché, per noi, il denaro guadagnato ha di solito più valore di
quello vinto.
Sul piano della destinazione
del denaro, cioè dell’uso a cui il denaro è destinato, per noi il valore del
denaro cambia non solo in base al tipo di bisogno da soddisfare, ma anche alla
specificità o meno dello scopo perseguito ed al maggiore o minor prezzo del
bene da acquistare.
-
tipo
di bisogno da soddisfare: se, per esempio, una persona smarrisce il portafoglio
con dentro solo 500 € per pagare l’affitto, è certo che si procurerà altri 500
€ per pagare l’affitto, mentre se smarrisce il portafoglio con dentro il
biglietto di ingresso allo stadio, pagato, con grande sacrificio, 250 €, è
probabile che non compri un altro biglietto per vedere la partita, soprattutto se
250 € fossero la somma massima che quella persona è disposta a spendere per
divertirsi;
-
specificità
o meno dello scopo perseguito: se, per esempio, una persona smarrisce il
portafoglio con dentro la somma di 1.000 euro, di cui doveva spenderne 500 per
pagare l’affitto, è certo che utilizzerà il bancomat per procurarsi altri 500
per l’affitto, ma è anche probabile che spenda 250 euro per comprarsi un
biglietto per vedere la partita. Perché?
Perché, mentre nel caso di smarrimento del biglietto da 250 €, è come se
si fosse esaurito il conto destinato al divertimento, nell’ipotesi di
smarrimento del denaro, per lui non vi è ragione di ritenere che proprio il
conto del divertimento sia stato consumato; anzi, proprio per riprendersi dalla
delusione dello smarrimento, è possibile che ritenga il divertimento ancor più
necessario;
-
maggiore
o minor prezzo del bene da acquistare: il soggetto valuta il denaro da spendere
non in termini assoluti, ma percentuali. Così, per esempio, se una persona deve
acquistare uno smartphone che nel negozio sotto casa costa 100 €, mentre a
cinque chilometri di distanza viene venduto a 90 €, è probabile che lo compri
nel negozio lontano, in quanto la differenza è del 10%; se, invece, deve
acquistare un’automobile che vicino costa 10.000 €, mentre lontano viene
venduta a 9.990 €, è probabile che l’acquisti presso la concessionaria che sta
sotto casa, atteso che la differenza è solo dell’1%. In tutti e due i casi,
insomma, la differenza, in termini assoluti, è di 10 euro, ma, in termini
percentuali, nel primo caso, la differenza è del 10%, nel secondo è solo
dell’1%.
Utilità
economica e scelta dei bisogni da soddisfare
L’utilità economica è la
possibilità di un bene di soddisfare un bisogno.
La scelta dei bisogni da
soddisfare deriva dal fatto che i bisogni sono illimitati, mentre i beni per
soddisfarli sono limitati: in altre parole, ciò che guadagniamo non basta per
comprare tutto quello che vorremmo avere!
Per esempio, se ho due bisogni,
nutrirmi e divertirmi, ma ho soldi solo per uno dei due, devo scegliere quale
di essi soddisfare; se, invece, ho soldi sia per nutrirmi che per divertirmi,
devo scegliere quanti soldi spendere per ciascuno dei due bisogni.
La scelta razionale è quella che,
con i limitati soldi che abbiamo, ci permette di soddisfare al massimo i nostri
bisogni.
Effetti distorsivi della scelta dei
bisogni da soddisfare: disturbo, ancoraggio e costi sommersi
L’effetto distorsivo della
scelta dei bisogni da soddisfare è il fenomeno che interferisce con la
razionalità della scelta stessa, cioè la impedisce o la limita.
Gli effetti distorsivi delle
scelte economiche sono l’effetto “disturbo”, l’effetto “costi sommersi” e
l’effetto “ancoraggio”.
L’effetto “disturbo” è un
elemento che modifica l’ordine delle preferenze di una persona.
Pe esempio: se tra comprare
uno smartphone Samsung o non comprare uno smartphone, scelgo di comprarlo, il
mio ordine di preferenze è:
- al primo posto, acquistare il Samsung;
- al secondo posto, non acquistare uno smartphone.
L’effetto “disturbo” potrebbe
modificare il mio ordine di preferenze, nel senso che:
- al primo posto ci potrebbe essere non acquistare uno
smartphone;
- al secondo posto, acquistare il Samsung o altro smarphone.
Per esempio, immaginiamo che,
nel negozio in cui mi sono recato per l’acquisto, il commesso mi suggerisca di
comprare, al posto del Samsung, uno Xiaomi, meno famoso, ma anche meno costoso
e comunque con le stesse caratteristiche o quasi del Samsung da me scelto. A
questo punto, potrei non essere più convinto di acquistare il Samsung, ma,
nello stesso tempo, potrei essere incerto se comprare o meno lo Xiaomi, con la
conseguenza che potrei decidere di non prendere nessuno dei due e rinviare
l’acquisto.
Il suggerimento di acquisto
dello Xiaomi è l’effetto “disturbo”,
che ha causato la modifica del mio ordine di preferenze: al primo posto, non
acquistare uno smartphone; al secondo posto, acquistare il Samsung o lo Xiaomi.
Approfondimento
dell’effetto disturbo L’effetto disturbo
contrasta con il principio di regolarità delle scelte, in base al quale se io
preferisco la scelta 1 alla scelta2 e la scelta 2 alla 3, allora dovrei
preferire anche la scelta 1 alla 3. Le scelte economiche,
tuttavia, non sempre avvengono secondo il principio di regolarità. Approfondiamo l’esempio
fatto sopra, cambiando un po’ gli oggetti dell’acquisto. Supponiamo che io
preferisca uno smartphone Samsung (scelta 1) al Motorola (scelta 2). Penso di non avere i soldi
per un Samsung e, quindi, non potendomelo permettere, non posso che ripiegare
sul Motorola, per il quale ho il denaro che serve. Nella vetrina di un negozio
vedo uno smartphone Motorola al prezzo scontato di 150 € (il prezzo
originario era di 200 €: lo sconto è di 50 €); in tasca ho 180 € e con i 30 €
che mi resterebbero potrei comprare una nuova sim, una cover decente e mi
resterebbe pure qualcosina per festeggiare l’acquisto. Decido, quindi, di
acquistarlo. In pratica, preferisco
acquistare lo smartphone Motorola piuttosto che non acquistare nulla (cioè,
per tornare al principio di regolarità, ricordando che l’acquisto del Samsung
era la scelta 1: preferisco la scelta 2, acquisto del Motorola, alla scelta 3,
il non acquistare nulla). Entro nel negozio e lì vedo
uno smartphone Samsung al prezzo scontato di 180 € (il prezzo originario era
di 210 €: lo sconto è di 30 €). Ho sempre desiderato il Samsung e adesso è a
prezzo scontato. Decisamente, preferisco il
Samsung (scelta 1) al Motorola (scelta 2) e, in più, me lo posso ancora
permettere. Ho giusto 180 €. Secondo il principio di
regolarità, se io preferisco lo smartphone Samsung (scelta 1) allo smartphone
Motorola (scelta 2) e comunque il Motorola al non acquistare nulla (scelta
3), dovrei ovviamente preferire lo smartphone Samsung (scelta 1) al non
acquistare niente (scelta 3). Tuttavia, a questo punto,
inizia l’indecisione: mi vengono mille pensieri: “Non è che il Motorola è
molto scontato perché magari non è buono e sta per essere superato da un
nuovo modello?” “Ma i Samsung non sono meglio dei Motorola”? “Se compro il
Samsung faccio comunque un affare: è scontato!!! “Però, se prendo il Samsung,
non posso più comprare la SIM e neanche la cover e manco posso festeggiare…”. Comincia a serpeggiare un
pensiero, che presto potrebbe diventare dominante: “Non è che mi conviene
aspettare e acquistare il Samsung quando sarà ancora più scontato? Forse,
addirittura, uscirà un nuovo modello a prezzo di lancio più basso…”. Alla fine, decido di non
comprare: in pratica: preferisco il Samsung al Motorola (scelta 1 a scelta
2), il Motorola al non acquisto (scelta 2 a scelta 3), ma… preferisco non
acquistare al Samsung (invece di scelta 1 a scelta 3, preferisco scelta 3 a
scelta 1, con buona pace del principio di regolarità). CHE COS’È, QUINDI,
L’EFFETTO DISTURBO? È LA MODIFICA DELL’ORDINE DELLE PREFERENZE CHE SI PUÒ
VERIFICARE QUANDO, NELLO SCEGLIERE TRA DUE O PIÙ POSSIBILITÀ (NELL’ESEMPIO:
TRA SMARTPHONE MOTOROLA E NON ACQUISTO), SE NE INTRODUCE UN’ALTRA (LO
SMARTPHONE SAMSUNG). L’effetto disturbo si
verifica pure in campo non economico. Primo esempio Se un medico deve
scegliere: 1) se fare un trapianto a
un uomo anziano e senza figli, oppure a una donna giovane con figli,
sceglierà senza dubbio di farlo alla donna giovane senza figlie; 2) se fare un trapianto a
un uomo anziano e senza figli, che con il trapianto guarirà sicuramente,
oppure a una donna giovane con figli, che, con il trapianto ha l’80% di
probabilità di guarire, sceglierà, ancora, probabilmente, di farlo alla donna
giovane con figli; 3) se fare un trapianto a
un uomo anziano e senza figli, che con il trapianto guarirà sicuramente,
oppure a una donna giovane con figli, che, con il trapianto ha l’80% di
probabilità di guarire oppure, ancora ad un’altra donna giovane con figli,
che, con il trapianto ha pure lei l’80% di probabilità di guarire, è
possibile che il medico, nell’incertezza tra le due donne, sceglierà di fare
il trapianto all’uomo, che guarirà certamente. La possibilità di trapianto
ad un’altra donna nelle medesime condizioni della prima ha prodotto l’effetto
disturbo. Secondo esempio Se mi venisse offerta la
possibilità di sedermi al banco da solo o con un compagno di classe che mi è
simpatico, è probabile che preferisca sedermi in compagnia piuttosto che da
solo (preferisco la compagnia alla solitudine), ma se mi venisse offerta la
possibilità sedermi al banco da solo o con un compagno di classe che mi è
simpatico o con altro compagno di classe altrettanto simpatico, è probabile
che, per non far torto a nessuno, preferisca sedermi da solo piuttosto che in
compagnia. La possibilità di sedermi
con un altro compagno rispetto al primo ha prodotto l’effetto disturbo. |
Il costo sommerso è un costo
irrecuperabile (come una cosa affondata nel mare, sommersa), cioè, in pratica,
il costo che una persona sostiene per acquistare un bene o un servizio, ma che
non può recuperare rivendendo il bene o il servizio acquistato.
L’effetto “costi sommersi”
modifica la scelta che si farebbe se non avessimo già speso dei soldi; soldi
che in nessun caso potremmo riavere indietro.
Per esempio, se ho speso 100
€ per comprare un paio di scarpe, che poi non mi piacciono, è probabile che le
conservi, senza indossarle, occupando inutilmente spazio, dato che ormai ci ho
speso sopra 100 €.
Approfondimento
dell’effetto “costi sommersi” Supponiamo che l’azienda
“Niceshoe” investa 10 milioni di euro per fabbricare un nuovo tipo di scarpa;
nel momento in cui il nuovo modello è quasi pronto e l’azienda ha speso 8
milioni di euro, un’impresa concorrente, la “Best shoe”, lancia sul mercato un
modello analogo, ma qualitativamente migliore e meno costoso, con la
conseguenza che se anche la “Niceshoe” portasse a termine il progetto,
difficilmente riuscirebbe a vendere la scarpa. Di fronte a una scelta
simile, la maggior parte delle persone spenderebbe i 2 milioni residui per
completare il progetto. Supponiamo, questa volta,
che l’azienda “Niceshoe” decida di investire 2 milioni di euro per fabbricare
un nuovo tipo di scarpa, ma, prima di cominciare a spendere i soldi, scopra
che la “Best shoe” ha appena lanciato sul mercato un modello analogo, ma qualitativamente
migliore e meno costoso, con la conseguenza che se anche la “Niceshoe”
producesse la scarpa, difficilmente riuscirebbe a venderla. In questo secondo caso,
nessuno probabilmente spenderebbe i due milioni per un progetto che
nascerebbe già fallito. ATTENZIONE! IN ENTRAMBI I CASI, SI
TRATTA DI SPENDERE INUTILMENTE BEN 2 MILIONI DI EURO: NEL PRIMO CASO, PERÒ,
LA MAGGIOR PARTE LI SPENDEREBBE PER NON AVERE LA SENSAZIONE DI AVER BUTTATO I
PRIMI 8 MILIONI (COSTO SOMMERSO); NEL SECONDO CASO, INVECE, NESSUNO SAREBBE
DISPOSTO A SPENDERLI, DATO CHE IN PRECEDENZA NON SONO STATI SPESI ALTRI
SOLDI. |
L’effetto “ancoraggio”
modifica la scelta che si farebbe sulla base di un elemento che fa da “ancora”
e di cui non si dovrebbe, invece, tenere conto.
Per esempio, immaginiamo che,
in un negozio che non conosciamo (nel senso che non sappiamo se possiamo avere
o meno fiducia nell’onestà del commerciante), vediamo due giacche che ci
piacciono, ma di cui non siamo in grado di stabilirne il valore; supponiamo che
le giacche costino 100 € ciascuna, ma la seconda è scontata del 20 % (per cui
sul cartellino c’è scritto il prezzo originario di 120 € e il prezzo scontato
di 100 €).
In tal caso, è probabile che,
nel dubbio, compreremmo la seconda giacca, perché pensiamo che sia di maggior
valore, mentre, in realtà, è possibile che il commerciante, non essendo
riuscito a venderla, può aver deciso di fare uno sconto apparente proprio per
indurre le persone a comprarla.
Approfondimento
dell’effetto “ancoraggio” L’effetto ancoraggio si
produce anche al di fuori dell’economia. Uno studio dell’American
Child Health Association, riportato su Economia emotiva di Matteo Motterlini
(da cui sono pure tratti, ampiamente rielaborati, gli effetti “disturbo” e
“costi sommersi”), lo ha dimostrato. Un pediatra di New York
visita 400 bambini di 11 anni non sottoposti a tonsillectomia (intervento di
eliminazione delle tonsille), affermando che 180 di essi vanno operati (il
45% dei bambini) e 220 no. Un secondo pediatra della
stessa città visita i 220 bambini ritenuti sani dal primo pediatra e afferma
che 101 devono essere operati (il 46% dei bambini che secondo il pediatra
precedente erano sani) e 119 no. Un terzo pediatra della
stessa città visita i 119 bambini ritenuti sani dal secondo pediatra (e,
quindi, anche dal primo) e afferma che 52 di essi (il 44% dei bambini che
secondo il precedente pediatra erano sani) devono essere operati e 67 no. Alla fine dei giochi, per
il primo pediatra, i bambini da operare sono solo 180; per il primo e il
secondo pediatra, insieme, i bambini da operare diventano 281 (180+101); per
il primo, il secondo e il terzo pediatra insieme, i bambini da operare
diventano addirittura 333 (180+101+52), cioè quasi tutti i bambini messi
insieme, che erano 400. Ma com’è possibile che si
verifichi una cosa del genere? Perché i pediatri, come poi
facciamo tutti nelle nostre scelte quotidiane, hanno preso come punto di
riferimento, come àncora, l’aspettativa che circa il 50% dei bambini di 11
anni abbia bisogno della tonsillectomia, per cui, visitando i bambini,
credevano che il 50% di loro ne avesse necessità, anche se si trattava di
bambini che altri pediatri avevano già ritenuto sani. |
Mercato, domanda e
offerta
Legge
della domanda e dell’offerta
Prezzo
di equilibrio
Il mercato è il luogo di
incontro tra chi vende e chi compra.
Domanda è la quantità di
un bene che una persona è disposta a comprare a un certo prezzo.
Così, per esempio, la
domanda di gelato è la quantità di gelati che una persona è disposta a comprare
al prezzo di 1 euro a gelato.
Secondo la legge della
domanda:
- se il prezzo di un bene
aumenta, la domanda di quel bene diminuisce;
- se il prezzo di un bene
diminuisce, la domanda di quel bene aumenta;
- se la domanda di un bene
aumenta, anche il suo prezzo sale;
- se la domanda di un bene
diminuisce, anche il suo prezzo scende.
Nel grafico che segue è
rappresentata la domanda di gelato: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è riportato
il numero di gelati che una persona è disposta a comprare.
Come si vede, se il prezzo
aumenta, la domanda di gelato, cioè il numero di gelati che si è disposti a
comprare, diminuisce.
Offerta è la quantità di
un bene che una persona è disposta a vendere a un certo prezzo.
Così, per esempio, l’offerta
di gelato è la quantità di gelati che una persona è disposta a vendere al
prezzo di 1 euro a gelato.
Secondo la legge
dell’offerta:
- se il prezzo di un bene
aumenta, anche l’offerta di quel bene aumenta;
- se il prezzo di un bene
diminuisce, anche l’offerta di quel bene diminuisce;
- se l’offerta di un bene
aumenta, il suo prezzo scende;
- se l’offerta di un bene
diminuisce, il suo prezzo sale.
Nel grafico che segue è
rappresentata l’offerta di gelato: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è riportato
il numero di gelati che una persona è disposta a vendere.
Come si vede, se il prezzo
aumenta, l’offerta di gelato, cioè il numero di gelati che si è disposti a
vendere, aumenta.
Il prezzo di equilibrio si ha
quando la somma che il compratore è disposto a pagare e la somma che il
venditore è disposto ad accettare per un dato bene sono uguali.
Nel grafico che segue è
rappresentato il prezzo di equilibrio: per ogni prezzo, da 0 a 3 euro, è
riportato il numero di gelati che una persona è disposta a vendere.
Come si vede, al prezzo di 2,167 euro, la domanda e
l’offerta di gelato sono uguali, cioè il numero di gelati che si è disposti a
comprare e a vendere è lo stesso ed è 3,33 gelati.
Elasticità della domanda e dell’offerta
La misura in cui la domanda e
l’offerta variano al variare del prezzo si dice elasticità:
- più la domanda e l’offerta
variano al variare del prezzo, più esse sono elastiche;
- meno la domanda e l’offerta
variano al variare del prezzo, meno esse sono elastiche (si dice anche: meno la
domanda o l’offerta variano al variare del prezzo, più esse sono rigide).
I beni primari sono a domanda
rigida, mentre quelli secondari sono a domanda elastica, eccezion fatta per i
beni di gran lusso, che sono a domanda rigida, in quanto chi se li può
permettere li compra anche se il loro prezzo varia.
I beni di cui è facile
adeguare la produzione alla richiesta sono a offerta elastica e, viceversa, i
beni di cui è difficile adeguare la produzione alla richiesta sono a offerta
rigida.
Più in generale, i beni sono
a offerta tendenzialmente rigida nel breve periodo, in cui non si può
modificare la capacità produttiva degli impianti; sono a offerta mediamente
elastica nel medio periodo, in cui si può variare la capacità produttiva degli impianti
esistenti; sono a offerta elastica nel lungo periodo, in cui è possibile
modificare gli impianti o installarne di nuovi.
Le forme di mercato
Per forma di mercato si intendono
le condizioni in cui avvengono domanda e l’offerta.
Le principali forme di mercato
sono la concorrenza perfetta, la concorrenza imperfetta, il monopolio e
l’oligopolio.
La concorrenza perfetta ha i
seguenti caratteri:
-
atomicità,
nel senso che ci sono numerosi venditori e compratori;
-
trasparenza:
venditori e compratori conoscono prezzi e qualità della merce;
-
libertà di entrata
e uscita dal mercato: non ci sono costi elevati per cominciare o smettere di
vendere o acquistare;
-
omogeneità
del prodotto: tutti i venditori vendono lo stesso identico bene.
La concorrenza perfetta è
difficilmente riscontrabile nella realtà; si può pensare alla vendita di azioni
delle società.
Le azioni sono dei titoli che
attribuiscono la comproprietà di una società. Così, per esempio, le azioni
della TIM attribuiscono a chi le possiede la comproprietà della TIM, cioè il
diritto, tra gli altri, di percepire una parte dei guadagni della stessa.
La concorrenza imperfetta si
differenzia dalla concorrenza perfetta per il fatto che i beni venduti dai vari
venditori sono simili, ma non identici. È la forma più diffusa di mercato;
basti pensare ai bar.
Il monopolio si ha quando vi è un
solo venditore, come, per esempio, lo Stato rispetto alla vendita dei tabacchi.
L’oligopolio si ha quando vi sono pochi grandi venditori, come nel caso dei produttori di automobili.