CLASSE TERZA AFM - SECONDO QUADRIMESTRE - ECONOMIA - VERSIONE ORDINARIA
L’IMPRESA E LA PRODUZIONE
La
produzione: definizione, ciclo produttivo, fattori produttivi, produttività
Definizione
La produzione consiste nella
creazione di beni, come il pane, e nella prestazione di servizi, cioè nello
svolgimento di un’attività, come una visita medica.
La creazione dei beni si
attua di regola mediante la trasformazione di un bene, come il grano (detto
materia prima), in un altro, come il pane (detto bene finale).
Ciclo
produttivo
L’insieme delle operazioni
con cui si crea il bene o si presta il servizio prende il nome di ciclo
produttivo; così, per esempio, il ciclo produttivo del pane si compone delle
seguenti operazioni:
1) macinazione del grano; 2)
impasto e cottura della farina derivante dalla macinazione.
Fattori
produttivi
La produzione è realizzata
dall’imprenditore,
il quale coordina i fattori
produttivi, cioè gli elementi con cui si producono i beni: terra, lavoro e
capitale.
Il fattore terra, detto anche
natura, è costituito dalle risorse naturali utilizzate nella produzione, come
il terreno da coltivare o su cui costruire, ma anche da altre risorse, come
fiumi o miniere.
Essa è caratterizzata
dall’irriproducibilità, nel senso che non ne può essere aumentata la quantità.
Ne consegue che occorre
utilizzarla tenendo conto non solo dei bisogni della popolazione attuale, ma
anche di quelli delle future generazioni.
Il fattore lavoro è
costituito da coloro che impiegano le proprie energie fisiche o intellettive
per produrre beni o servizi.
Nell’antichità,
le persone consumavano quello che producevano con il proprio lavoro (cosiddetto
“autoconsumo”).
Successivamente,
ciascuno cominciò a specializzarsi, prima, nella produzione di alcuni beni
soltanto, poi, nella realizzazione solo di alcune parti di un dato bene.
Tale
specializzazione, detta divisione tecnica del lavoro, da un lato, aumenta la
capacità di ciascun lavoratore di produrre, ma dall’altro rende il lavoro
noioso, perché troppo ripetitivo.
Attualmente,
buona parte delle operazioni ripetitive è eseguita mediante robot.
Il capitale è l’insieme dei
beni utilizzati per produrre altri beni.
Esso si suddivide in
circolante e fisso, a seconda che si consumi in un ciclo produttivo o in più
cicli produttivi: nel primo rientrano, per esempio, le materie prime, mentre
nel secondo, ad esempio, i macchinari.
Produttività
La produzione si differenzia
dalla produttività: la prima consiste nella quantità di prodotto ottenuta in un
certo tempo; la seconda nel rapporto tra la produzione e la quantità di fattori
produttivi impiegati.
Per produttività marginale di
uno dei fattori si intende, poi, la variazione della quantità di prodotto che
consegue all’aumento di un’unità di tale fattore.
Così, per esempio, se
consideriamo un’ora di lavoro del fornaio come un’unità del fattore lavoro, la
variazione della quantità di pane che consegue all’aumento di un’ora di lavoro
del fornaio sarà la produttività marginale del lavoro.
Di regola, se aumenta la
quantità dei fattori, aumenterà proporzionalmente la quantità di prodotto,
mentre se aumenta la quantità di uno dei fattori, aumenterà meno che
proporzionalmente la quantità di prodotto (cosiddetta legge della produttività
marginale decrescente).
Così, per esempio, se una
piccola pizzeria con un pizzaiolo produce 100 pizze, con due pizzaioli ne
produrrà di più, ma non certo 200, a meno che non aumentino contemporaneamente
la quantità di farina disponibile e lo spazio per lavorare.
Oltre ai suddetti fattori
produttivi, ve n’è un altro, costituito proprio dall’imprenditore, dato che
anche lui, coordinando gli altri fattori, concorre alla produzione.
Il fattore produttivo
costituito dall’imprenditore potremmo definirlo “imprenditorialità”.
La
remunerazione dei fattori produttivi
L’imprenditore deve
remunerare, cioè pagare una somma di denaro, per procurarsi i fattori
produttivi.
La remunerazione dei fattori
produttivi costituisce il loro reddito, onde è necessario approfondire
quest’ultimo concetto.
Il reddito è il guadagno di
una persona in un certo periodo.
La fonte del reddito è
l’attività che fa guadagnare.
Le principali fonti di
reddito sono la locazione, il prestito, il lavoro e l’esercizio di un’impresa.
Reddito del fattore natura
La locazione è l’accordo con
cui il proprietario di un bene dà ad un’altra persona la possibilità di
utilizzare il bene stesso, per un certo tempo, in cambio di una somma di
denaro, detta rendita.
La remunerazione del fattore
natura è, quindi, la rendita.
Reddito del fattore capitale
Il prestito è l’accordo con
cui chi ha dei soldi li dà ad un’altra persona, per un certo tempo, in cambio
di una somma di denaro, da aggiungersi, al momento della restituzione dei soldi
ricevuti, a questi ultimi.
I soldi dati in prestito si
dicono capitale; la somma di denaro da aggiungersi al capitale al momento della
restituzione si dice interesse.
La remunerazione del fattore
capitale è, quindi, l’interesse.
Il rapporto tra il capitale e
l’interesse prende il nome di tasso di interesse ed è, di regola, indicato con
una percentuale.
Per esempio, se il capitale è
di € 200 e, dopo un anno, chi ha ricevuto il prestito deve restituire, oltre al
capitale, € 20 di interesse, allora il rapporto tra il capitale e l’interesse,
cioè il tasso di interesse, sarà del 10% annuo.
Per calcolare il capitale, il
tasso di interesse o l’interesse è possibile ricorrere alla seguente
proporzione:
100 : tasso di interesse =
capitale : interesse.
Detta proporzione si legge:
100 sta al tasso di interesse come il capitale sta all’interesse.
Conoscendo, oltre al numero
100, due elementi, è possibile calcolare il terzo.
Esempio I: calcolare
l’interesse, conoscendo il tasso di interesse, che è il 10%, ed il capitale,
che è di 200 €:
100 : 10 = 200 : interesse.
Per calcolare l’interesse,
basta moltiplicare 10 x 200 e dividere il risultato (che è 2.000) per 100;
l’interesse sarà di 20 €.
Esempio II: calcolare il
capitale, conoscendo l’interesse, che è di 40 €, ed il tasso di interesse, che
è del 10%:
100 : 10 = capitale : 40.
Per calcolare il capitale,
basta moltiplicare 100 x 40 e dividere il risultato (che è 4.000) per 10; il
capitale sarà di 400 €.
Esempio III: calcolare il
tasso di interesse, conoscendo l’interesse, che è di 50 €, ed il capitale, che
è di 500 €:
100 : tasso di interesse =
500 : 50.
Per calcolare il tasso di
interesse, basta moltiplicare 100 x 50 e dividere il risultato (che è 5.000)
per 500; il tasso di interesse sarà il 10%.
Lo stesso procedimento di cui
sopra potrà essere utilizzato per calcolare lo sconto o il prezzo pieno (cioè
non scontato).
Esempio I: calcolare lo
sconto, conoscendo il tasso di sconto, che è il 10%, ed il prezzo pieno (cioè
non scontato), che è di 200 €:
100 : 10 = 200 : sconto.
Per calcolare lo sconto,
basta moltiplicare 10 x 200 e dividere il risultato (che è 2.000) per 100; lo
sconto sarà di 20 €.
Esempio II: calcolare il
prezzo pieno, conoscendo lo sconto, che è di 40 €, ed il tasso di sconto, che è
del 10%:
100 : 10 = prezzo pieno : 40.
Per calcolare il prezzo
pieno, basta moltiplicare 100 x 40 e dividere il risultato (che è 4.000) per
10; il prezzo pieno sarà di 400 €.
Esempio III: calcolare il
tasso di sconto, conoscendo lo sconto, che è di 50 €, ed il prezzo pieno, che è
di 500 €:
100 : tasso di sconto = 500 :
50.
Per calcolare il tasso di
sconto, basta moltiplicare 100 x 50 e dividere il risultato (che è 5.000) per
500; il tasso di sconto sarà il 10%.
In alternativa alla
proporzione, per calcolare il capitale, il tasso di interesse o l’interesse (o
lo sconto) è possibile ricorrere alle formule oltre indicate, diverse a seconda
che il tempo sia espresso in anni, mesi o giorni, tenendo comunque presente il
significato dei seguenti simboli:
C: capitale;
I: interesse;
r: tasso (o ragione);
t (tempo in anni);
m (tempo in mesi);
g (tempo in giorni).
Formule
Tempo in anni |
Tempo in mesi |
Tempo in giorni |
I = Crt 100 C = Ix100 rt r = Ix100 Ct t = Ix100 Cr |
I = Crm 1.200 C = Ix1.200 rm r = Ix1.200 Cm m = Ix1.200 Cr |
I = Crg 36.500 C = Ix36.500 rg r = Ix36.500 Cg g = Ix36.500 Cr |
Per scorporare il capitale
dal montante (intendendo quest’ultimo come la somma di capitale e interesse)
oppure il prezzo netto dal prezzo lordo (intendendo quest’ultimo come il prezzo
non scontato oppure, per esempio, il prezzo comprensivo di IVA), è possibile
ricorrere alla seguente formula:
100+aliquota (ossia tasso
percentuale di interesse o di sconto o di IVA) : 100 = montante (o prezzo
lordo) : x (cioè il capitale o il prezzo netto).
Esempio: calcolare il
capitale (o il prezzo netto), sapendo che il montante (o prezzo lordo) è di €
2.000 e il tasso di interesse o di sconto o l’aliquota IVA è il 22%:
(100 + 22) : 100 = 2.000 : x
x = 100 x 2.000 = 100
x 2.000 = 200.000 = 1639,34.
(100+22) 122 122
Reddito del fattore lavoro
Il lavoro può essere
dipendente o autonomo.
Il lavoratore, dipendente o
autonomo, svolge un’attività per un’altra persona.
Il lavoratore, dipendente o
autonomo, lavora per un’altra persona, ma |
|
il lavoratore dipendente |
il lavoratore autonomo |
lavora stabilmente per
l’altra persona, detta “datore di lavoro”; |
lavora occasionalmente per
l’altra persona, detta “cliente”; |
lavora nel tempo e nel modo
stabilito dal datore di lavoro, dal quale dipende; |
lavora scegliendo, con una
certa libertà, il modo ed il tempo del lavoro; |
è pagato, a fine mese, con
una somma fissa, detta, di solito, stipendio o salario. |
è pagato, per ogni lavoro
svolto, con un compenso detto, di solito, onorario. |
La remunerazione del fattore
lavoro è detta salario, dato che il lavoratore dipendente dall’imprenditore è
pagato con una somma detta, appunto, salario (o stipendio).
Reddito del fattore imprenditorialità
L’esercizio di un’impresa è
un’attività svolta per altri utilizzando una complessa organizzazione di uomini
e di mezzi.
Chi esercita un’impresa viene
detto imprenditore.
Come il lavoratore, anche
l’imprenditore lavora per altri.
Egli, tuttavia, si distingue
nettamente
- sia dal lavoratore
dipendente, in quanto non dipende da un datore di lavoro, ma, anzi, è di regola
lui il datore di lavoro di altri;
- sia dal lavoratore autonomo,
in quanto utilizza, per lavorare, un’organizzazione complessa, di cui non
dispone il lavoratore autonomo. Così, per esempio, l’idraulico che ripara un
rubinetto è un lavoratore autonomo; la persona che costruisce un palazzo avvalendosi
di macchinari e di numerosi operai è un imprenditore.
Il guadagno
dell’imprenditore, detto profitto, è dato dalla differenza tra il totale dei
soldi incassati ed il totale dei soldi spesi per lavorare.
La remunerazione del fattore
imprenditorialità è detta, quindi, profitto.
LA MONETA E
L'INFLAZIONE
La moneta
Dal
baratto alla moneta
Nell’antichità,
le persone consumavano quello che producevano (cosiddetto “autoconsumo”) e si
procuravano i pochi beni da esse non prodotti scambiandoli con i beni propri
(cosiddetto baratto).
Successivamente,
ciascuno cominciò a specializzarsi nella produzione di alcuni beni e si fece
sempre più pressante l’esigenza di procurarsi i beni non prodotti in proprio.
Nacque
così il bisogno di un qualcosa che facilitasse lo scambio dei beni e venisse
accettato come mezzo di pagamento.
Questo qualcosa fu un bene detto “moneta”.
Storicamente,
la prima forma di moneta fu la moneta-merce.
Essa
fu costituita, dapprima, dalla merce tipica di un determinato territorio (come
il bestiame, il sale, ecc.) e, successivamente, dai metalli preziosi,
soprattutto oro e argento, date le loro particolari caratteristiche, ossia:
-
divisibilità, nel senso che tali metalli sono frazionabili in parti anche molto
piccole, senza che ne diminuisca il valore (se divido in due parti un pezzo di
oro dal valore di € 1.000.000, ciascuna di esse varrà, di regola, la metà del
tutto, cioè € 500.000; se divido in due parti un notebook dal valore di € 1000,
ciascuna delle due parti varrà molto meno di € 500);
-
valore intrinseco elevato (il quale è dato sia dal valore del materiale di cui
i metalli preziosi sono costituiti sia dal costo della loro lavorazione);
-
facile trasportabilità.
-
tendenziale inalterabilità, nel senso che i metalli preziosi non deperiscono
facilmente.
La
seconda forma di moneta fu la moneta-segno, ossia la moneta cartacea.
Essa
è detta moneta-segno, nel senso che il suo valore non è dato dal materiale da
cui è composta (intrinseco), ma da quello che è segnato su di essa
(estrinseco).
La
moneta-segno ebbe origine dai cosiddetti "certificati di deposito"
che le banche rilasciavano come ricevuta dei depositi di moneta metallica.
Dal
XIV secolo i certificati cominciarono a circolare in sostituzione della moneta
depositata.
Nel XVII secolo, i banchieri,
avendo sperimentato che i depositanti non ritiravano le monete depositate tutte
in una volta, iniziarono ad emettere biglietti (detti banconote) in misura,
spesso, superiore ai depositi di metalli preziosi custoditi, con conseguente
impossibilità di soddisfare le richieste dei depositanti di conversione dei
biglietti nei suddetti metalli.
Gli
Stati, allora, per contenere il rischio di mancata conversione, limitarono il
potere di emissione alle sole banche centrali.
Essi,
inoltre, obbligarono le persone ad accettare la moneta come mezzo di pagamento
(cosiddetta moneta legale), la quale, però, poteva essere convertita, su
richiesta di chi la possedeva, in oro.
Nel
1971, gli Stati Uniti dichiararono che non avrebbero più convertito in oro la
loro moneta (il dollaro). Da tale data si fa decorrere il cosiddetto “corso
forzoso”, ossia, appunto, l’inconvertibilità della moneta in oro.
Il valore della moneta
La
moneta ha un triplice valore: intrinseco, estrinseco (o nominale) e reale.
Il
valore intrinseco è dato dal costo sostenuto per produrla.
Il
valore estrinseco è dato dall’importo scritto su di essa.
Il
valore reale è dato da ciò che con essa si può comprare.
Funzioni
della moneta
La
principale funzione della moneta è quella di mezzo di pagamento, nel senso che
con essa si comprano i beni (per esempio, un cellulare) e i servizi (come una
visita medica).
Più
in particolare, la moneta ha quattro funzioni:
-
mezzo
di pagamento;
-
misura
dei valori;
-
intermediaria
negli scambi;
-
riserva
di valore.
Per
quanto riguarda la prima funzione, quella di mezzo di pagamento, occorre
aggiungere che essa, proprio in quanto utilizzabile come mezzo di pagamento, si
dice che è un bene liquido.
I
beni diversi dalla moneta, per essere utilizzabili come mezzi di pagamento,
devono essere convertiti in moneta.
La
conversione richiede tempo e può comportare perdita di valore; così, per
esempio, per convertire una casa in moneta, occorre metterla in vendita e, se
la si vuole vendere presto, occorre abbassarne il prezzo.
La
casa, quindi, ha un grado di liquidità minore della moneta.
La
seconda funzione della moneta è quella di misura dei valori, nel senso che con
essa si stabilisce il valore dei vari beni rendendoli confrontabili l’uno con
l’altro (per esempio, se un cellulare X costa 100 € ed un tablet Y costa 500 €,
il tablet Y vale cinque cellulari X).
La
terza funzione della moneta è quella di intermediaria negli scambi, nel senso
che essa facilita lo scambio di beni.
In
un'economia senza moneta i beni potrebbero essere scambiati soltanto con altri
beni (baratto): scambio non sempre facile. Per esempio, se non ci fosse la
moneta, chi avesse il cellulare X e volesse cederlo in cambio del tablet Y,
dovrebbe trovare il proprietario di un tablet Y disposto a scambiarlo col
cellulare X, il che sarebbe piuttosto difficile. È più facile vendere il
cellulare e comprare il tablet, pagandolo col denaro ricavato dalla vendita del
telefonino, sommato ai soldi necessari a coprire la differenza di valore fra i
due beni.
La
quarta funzione della moneta è quella di riserva di valore, nel senso che essa
si può facilmente conservare, per cui consente di accumulare ricchezza più
agevolmente rispetto ad altri beni (per esempio, anche i panini sono beni, ma
essi non sono così facilmente conservabili come la moneta e, quindi, non si
utilizzano per accumulare ricchezza).
L’offerta
di moneta
L’offerta
di moneta è costituita dalla moneta in circolazione, la quale può essere sia
legale che bancaria.
La
moneta legale
La
moneta legale è emessa dalle autorità monetarie riconosciute dagli Stati ed è
costituita dalla moneta divisionale (come la moneta da 5 centesimi) e da quella
cartacea (come la banconota da 5 €).
Per
quanto riguarda l’Italia, le autorità monetarie sono la BCE (Banca Centrale
Europea) e la Banca d’Italia; quest’ultima, però, può emettere moneta solo
sotto il controllo della BCE.
La
moneta bancaria
La
moneta bancaria è costituita dai depositi in conto corrente presso le banche.
La
teoria quantitativa della moneta
Secondo la teoria
quantitativa della moneta, l’aumento della moneta circolante comporta l’aumento
dei prezzi.
Supponiamo che nel sistema vi
siano 100 beni a € 10 cadauno e, quindi, che la moneta circolante sia di € 1000
(100 X 10 = 1.000).
Supponiamo, altresì, che,
successivamente, i beni rimangano 100, ma la moneta in circolazione aumenti a €
2.000; in tal caso, il prezzo di ciascun bene si raddoppierà, sarà, cioè, di €
20.
L’inflazione
Definizione di inflazione
L'inflazione è un aumento
della media dei prezzi dei beni (non, quindi, del prezzo di un solo bene).
Il tasso di inflazione è la
percentuale di inflazione in un anno.
Calcolo dell’inflazione
In Italia, esso è calcolato
da un ente pubblico chiamato ISTAT.
Nel calcolare l’inflazione,
l’ISTAT:
a) considera solo una parte
dei beni venduti in Italia (sarebbe troppo complicato considerarli tutti);
b) tiene conto:
- sia della variazione di
prezzo dei beni a partire da un dato anno (detto anno base);
- sia di quanto la spesa per
ciascun bene incida sulla spesa totale sostenuta dalle famiglie scelte
dall'ISTAT.
Ne deriva che l’inflazione
calcolata dall’ISTAT vale solo per le famiglie che spendono come la famiglia
presa in considerazione dall’ISTAT.
Supponiamo, ad esempio, che:
1) l’ISTAT consideri due soli
beni: pane e miele;
2) il loro prezzo, il
10.1.14, sia, al kg: pane: 2 €; miele: 10 €;
3) la famiglia-tipo scelta
dall'ISTAT consumi, in un anno: 100 kg di pane; 2 kg di miele;
4) la famiglia-tipo spenda, quindi,
nell’anno base (quello da cui si comincia a calcolare l’inflazione), 220 €, di
cui: 200 € per il pane (2 € x 100 kg); 20 € di miele (10 € x 2 kg);
5) il 10.1.15, il prezzo, al
kg, di detti beni diventi: pane: 2,30 €; miele: 10 €:
6) la famiglia-tipo spenda,
quindi, nell’anno successivo a quello base, 250 €, di cui: 230 € per il pane
(2,30 € x 100 kg); 20 € di miele (10 € x 2 kg);
7) la maggior somma spesa
costituisce l’inflazione ed è pari ad € 30 (250 - 220);
8) il tasso di inflazione
sarà del 13,64%, così calcolato: a): 250 - 220 = 30; b) 30 x100/220 = 13,64
Ora, se noi avessimo tenuto
conto solo delle variazioni di prezzo e non dell’incidenza della spesa di
ciascun bene sulla spesa totale (in altri termini, se noi avessimo considerato
solo il prezzo al kg di ciascun bene, senza tener conto del numero di chilogrammi
consumati in un anno dalle famiglie), il risultato sarebbe stato ben diverso.
In tal caso, infatti, il
tasso di inflazione sarebbe stato del 2,5%, così calcolato: a) somma del prezzo
di ciascun bene al 10.1.14: 2+10 =12; b) somma del prezzo di ciascun bene al
10.1.15: 2,3+10 =12,3; c) differenza tra le due somme: 12,3 - 12 = 0,3; d)
calcolo percentuale di 0,3 rispetto a 12,3: 0,3 x 100/12 = 2,5.
Occorre, però, aggiungere
che, nella realtà, il calcolo dell’inflazione è più complesso soprattutto
perché si prendono in considerazione molti più beni.
Classificazione dei tipi di
inflazione: secondo il tasso di inflazione
A seconda del tasso,
l’inflazione si distingue in:
- strisciante, che è del
2-3%, come, attualmente, in Italia;
- robusta, che va oltre il
10%, come, negli anni 1975-1985, in Italia;
- galoppante, che va oltre il
100%, come in alcuni Paesi in via di sviluppo;
- iperinflazione, che aumenta
di giorno in giorno, come, negli anni venti del secolo scorso, in Germania.
Classificazione
dei tipi di inflazione: secondo la causa dell’inflazione
A seconda della causa che la
provoca, l’inflazione si distingue in:
- inflazione da costi, che si
ha quando aumenta il costo per produrre i beni, come, per esempio, il salario
da pagare agli operai.
In tal caso, le imprese che
fabbricano i prodotti ne aumentano il prezzo per compensare il maggior costo.
Per esempio, se una fabbrica
spende 8.000 € per produrre un’auto e la vende a 10.000 €, guadagna 2.000 €.
Se aumenta lo stipendio agli
operai, spenderà, per produrre la stessa auto, di più, per esempio, 9.000 € ed
allora, per continuare a guadagnare 2.000 €, la venderà non a 10.000 €, ma ad
11.000 €;
- inflazione da domanda, che
si ha quando aumenta la richiesta di beni, mentre non può aumentare la loro
produzione.
In tal caso, le imprese che
fabbricano i prodotti ne aument-ano il prezzo sapendo che i beni fabbricati
saranno comunque venduti.
Categorie di
persone avvantaggiate e svantaggiate dall’inflazione
Supponiamo
che oggi Tizio presti € 200.000 a Caio, il quale assuma l’obbligo di
restituirli fra dieci anni.
Supponiamo,
altresì, che, alla data del prestito, con € 200.000 si possa acquistare un
bilocale (una casa con due stanze oltre cucina e bagno).
Immaginiamo
ancora che, dopo dieci anni, per effetto dell’inflazione, un bilocale costi €
400.000.
Tizio,
passati i dieci anni stabiliti e ricevuta la somma data in prestito, si vede
rimborsato un importo, in termini di potere di acquisto, che è esattamente la
metà di quello che aveva prestato a Caio.
L’inflazione
ha sfavorito Tizio, creditore, ed ha favorito Caio, debitore.
Per
quanto riguarda i percettori di reddito, mentre i dipendenti o i pensionati,
che hanno un reddito fisso, non possono adeguare immediatamente il loro reddito
all’aumento dei prezzi, gl’imprenditori e i lavoratori autonomi, come
gl’idraulici, possono alzare i prezzi da loro praticati per adeguarli al tasso
di inflazione.
I
creditori possono contrastare l’inflazione ricorrendo all’indicizzazione dei
crediti.
L’indicizzazione
consiste nello stabilire che il debito da restituire aumenti o diminuisca
all’aumentare o diminuire di un certo dato, detto indice.
Un
indice può essere anche il tasso di inflazione: creditore e debitore possono,
cioè, stabilire che il debitore, alla scadenza del debito, lo rimborsi
maggiorandolo di un importo determinato in base al tasso di inflazione.
Anche
i percettori di reddito fisso potrebbero contrastare l’inflazione con
l’indicizzazione, ma, per loro, è più difficile, in quanto devono accordarsi
con il datore di lavoro.
Per
quanto riguarda i pensionati, poiché per loro non vi è un datore di lavoro con
cui concordare un indice, l’indicizzazione è prevista per legge.
LE BANCHE E I
MERCATI FINANZIARI
Definizione di banca e di sistema bancario
La banca è un’impresa la cui
principale funzione è quella di raccogliere il risparmio ed investirlo.
Il sistema bancario italiano
è costituito dalle banche e dalle norme che le disciplinano.
Le
operazioni bancarie
La banca compie tre tipi di
operazioni: attive, passive e accessorie.
Le operazioni attive sono
quelle con cui la banca guadagna, come, per esempio, la concessione di un
mutuo, detto anche prestito.
Il mutuo è una somma di
denaro che la banca concede, per un certo tempo, a chi la richiede. Questi,
alla scadenza, la dovrà restituire maggiorata di un importo, chiamato
interesse, calcolato in percentuale rispetto alla somma prestata (la
percentuale è detta tasso di interesse).
Per esempio, se la banca Alfa
concede a Tizio un mutuo di € 100.000 per un anno al 10%, Tizio, alla scadenza,
dovrà restituire alla banca € 110.000, di cui € 100.000 quale importo ricevuto
(detto capitale) ed € 10.000 come interesse, calcolato moltiplicando il
capitale (100.000) per il tasso di interesse (10) per il tempo (1, in quanto il
prestito è previsto per un anno), il tutto diviso per cento (100.000 x 10 x
1/100).
Le operazioni passive sono
quelle con cui la banca si procura i soldi, pagando un interesse a chi glieli
consegna, come, per esempio, il deposito in conto corrente.
Il conto corrente è un
deposito che una persona fa in banca per un certo tempo o a tempo indeterminato
(cioè fino al momento in cui il depositante non richiede la restituzione). La
banca, alla scadenza, dovrà restituire la somma ricevuta maggiorata di un
importo, chiamato interesse, calcolato in percentuale rispetto alla somma
depositata (la percentuale è detta tasso di interesse).
Per esempio, se la banca Alfa
riceve da Tizio un deposito di € 100.000 per un anno all’1%, la banca, alla
scadenza, dovrà restituire a Tizio € 101.000, di cui € 100.000 quale importo
ricevuto (detto capitale) ed € 1000 come interesse, calcolato moltiplicando il
capitale (100.000) per il tasso di interesse (1) per il tempo (1, in quanto il
prestito è previsto per un anno), il tutto diviso per cento (100.000 x 1 x
1/100).
Le operazioni accessorie sono
servizi diversi dal prestito o dal deposito di denaro, come, per esempio, la
tenuta delle cassette di sicurezza, in cui i clienti della banca possono
depositare quel che vogliono senza che la banca possa sapere cosa c’è al loro
interno.
Il finanziamento del sistema economico
Con la parola “finanziamento”
si intende, di regola, un prestito.
Con l’espressione “finanziamento
del sistema economico” si intende, invece, l’uso di mezzi finanziari, come il
denaro, per l’esercizio di attività economiche (si dice anche che il “finanziamento
del sistema economico” è dato dall’impiego di grandezze finanziarie, ossia
denaro e titoli, come le obbligazioni, per produrre grandezze reali, cioè beni
e servizi).
Il
finanziamento è un servizio e, come per gli altri servizi, c’è un mercato in
cui si incontrano domanda e offerta, cioè coloro che lo domandano con quelli
che lo offrono.
Il mercato dei prestiti si distingue in monetario e
finanziario.
Nel
primo si contrattano prestiti a breve termine, ossia per un periodo non
superiore a 18 mesi, come quelli stipulati dalle imprese per l’acquisto di
materie prime; nel secondo, si contrattano prestiti a medio (dai 18 mesi a 5
anni) o lungo (oltre i 5 anni) termine, come quelli richiesti dalle famiglie
per l’acquisto della casa, o dalle imprese per l’acquisto di macchinari.
I
principali strumenti finanziari sono le azioni, le obbligazioni e i titoli di
Stato, cioè i debiti contratti dallo Stato mediante emissione dei cosiddetti
titoli del debito pubblico, come i BOT (buoni ordinari del Tesoro), di cui
parleremo nel paragrafo successivo.
Gli intermediari finanziari sono i soggetti tramite i quali possono essere acquistati gli strumenti finanziari, come le banche o le SIM (società di intermediazione mobiliare).
Il mercato
mobiliare e la borsa
Il
mercato mobiliare è un tipo di mercato finanziario, in cui si contrattano
titoli, come azioni, obbligazioni e titoli di Stato.
La
borsa è un mercato mobiliare regolamentato, nel senso che è gestito da una
società in base a un regolamento, che dovrebbe garantire una maggiore sicurezza
nelle transazioni, cioè nella compravendita di titoli.
La
borsa può essere un luogo fisico, come quella di Wall Street, o virtuale, come
quella italiana.
In
Italia, la borsa è gestita da una società per azioni, Borsa italiana s.p.a., la
quale ha il compito, tra l’altro, di stabilire quali società possono essere
quotate, ossia ammesse a operare in borsa.
Sul
mercato mobiliare vigilano sia la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società
e la Borsa), che è un’Autorità governativa, la quale verifica la trasparenza e
la correttezza dei comportamenti degli operatori, sia la Banca d’Italia, che si
accerta, tra l’altro, dell’adeguatezza del patrimonio degli operatori medesimi.
Rendimento,
rischio e speculazione
Le
azioni sono parti del patrimonio di una società per azioni, ossia di tutto
quello che la società possiede. Così, per esempio, se il patrimonio di una
s.p.a. è di € 100.000 ed è diviso in 100 azioni, ognuna di esse vale € 1.000,
cioè un centesimo del suo patrimonio.
Le
obbligazioni sono parti di un prestito richiesto da una società per azioni a
tutti coloro che sono disposti a darle del denaro in cambio della sua
restituzione con gli interessi. Così, per esempio, se il prestito ricevuto da
una s.p.a. è di € 100.000 ed è diviso in 100 obbligazioni, ognuna di esse vale
€ 1.000, cioè un centesimo del prestito.
Le
azioni sono titoli a reddito variabile, nel senso che il guadagno non è
predeterminato.
Le
obbligazioni, anche se di solito sono dette titoli a reddito fisso, in realtà
possono essere sia a reddito fisso che variabile.
L’azionista,
cioè il socio che possiede azioni, può guadagnare in due modi.
La
prima forma di guadagno consiste nel ricevere una parte del guadagno della
società, detta utile, rapportata al numero di azioni possedute.
In
pratica, prima, l’utile viene diviso per il numero di azioni, ottenendo il
guadagno per ogni azione, detto dividendo, poi, questo dividendo viene
moltiplicato per il numero di azioni possedute da ogni socio.
Per esempio, se la società
Alfa guadagna in un anno 30.000 euro, l’utile viene diviso per il numero di
azioni, che, per esempio, sono 300, ottenendo un dividendo di 100 €; poi,
questo dividendo viene moltiplicato per il numero di azioni possedute da ogni
socio; pertanto, se il socio Mario possiede 100 azioni, otterrà 10.000 € (100 €
per 100 azioni).
Bisogna, però, dire che non
sempre l’utile ottenuto dalla società viene diviso tra i soci, in quanto:
- da un lato, una parte
dell’utile potrebbe essere destinata ad alimentare i cosiddetti fondi di
riserva, previsti dalla legge o dagli atti societari, cioè accantonata per i
bisogni futuri della società stessa;
- dall’altro lato, l’assemblea
dei soci potrebbe decidere di non ripartire, in tutto o in parte, l’utile tra
gli azionisti al fine di reinvestirlo nell’attività della società.
La
seconda forma di guadagno consiste nel rivendere le azioni ad un prezzo più
alto di quello a cui il socio le ha comprate. Ciò avviene, di regola, quando la
società guadagna bene e, quindi, il suo patrimonio aumenta.
L’obbligazionista,
cioè il creditore che possiede obbligazioni, può guadagnare in due modi.
La
prima forma di guadagno consiste nel ricevere l’interesse pagato dalla società
rapportato al tasso di interesse ed al numero di obbligazioni possedute.
Per
esempio, se la società Alfa paga sul prestito obbligazionario il 5% annuo di
interesse, l’obbligazionista Giovanni riceverà il 5% su 10.000 €, ossia 500 €.
Altro
esempio: se la società Alfa paga sul prestito obbligazionario un tasso
variabile e, in particolare, nel 2022 del 5% annuo e nel 2023 del 10% annuo,
l’obbligazionista Giovanni riceverà il 5% su 10.000 €, ossia 500 €, nel 2022, e
il 10% su 10.000 €, ossia 1.000 €, nel 2023.
La
seconda forma di guadagno consiste nel rivendere le obbligazioni ad un prezzo
più alto di quello a cui l’obbligazionista le ha comprate.
Ciò
avviene, di regola, quando la stessa società o un’altra società richiede un
nuovo prestito obbligazionario ad un tasso di interesse più basso del
precedente.
In
tal caso, infatti, le obbligazioni vecchie renderanno di più rispetto alle
nuove, per cui chi vuole un’obbligazione vecchia, più redditizia, la dovrà
pagare di più.
Supponiamo
che:
-
la
società Alfa emetta, per il 2022, un’obbligazione di € 100, della durata di 2
anni (2022 e 2023), che rende il 5% annuo di interesse e, quindi, € 5 per il
2022 ed € 5 per il 2023;
-
la
società Beta emetta, per il 2023, un’obbligazione di € 100, della durata di 1
anno (2023), che rende l’1% annuo di interesse e, quindi, € 1 per il 2023;
-
Mario
abbia acquistato l’obbligazione di Alfa nel 2022 e la voglia vendere all’inizio
del 2023, dopo aver incassato gli interessi per il 2022;
-
Giovanni
intenda acquistare un’obbligazione per il 2023: se egli compra l’obbligazione
di Beta, alla fine dell’anno guadagnerà 1€; se compra l’obbligazione di
Giovanni, guadagnerà 5€. Ovvio, allora, che Giovanni chieda a Mario di
vendergli la sua obbligazione, ma Giovanni, che sa dell’obbligazione di Beta,
dice a Mario che gliela venderà per 104 €, così che alla fine dell’anno, il
guadagno di Mario sia sempre di 1 €.
Le
obbligazioni emesse dallo Stato prendono il nome di titoli del debito pubblico,
come, principalmente, i BOT, i BTP e i CCT.
I
BOT sono titoli a breve termine: 3 mesi, 6 mesi e 1 anno.
I
BTP sono titoli a lungo termine, anche trent’anni.
I
BOT e i BTP sono titoli a reddito fisso.
I
CCT sono simili ai BTP, ma sono a reddito variabile.
*
* *
Rischio e rendimento sono, di
regola, correlati, nel senso che maggiore è la possibilità di rendimento,
maggiore è il rischio di perdita. Così, per esempio, se una società non gode di
molta fiducia da parte degli investitori, dovrà offrire un rendimento maggiore
affinché possa piazzare le sue obbligazioni, ritenute più rischiose degli
investitori stessi.
La
speculazione, infine, consiste sostanzialmente in una scommessa: lo speculatore
compra titoli non per tenerli (in tal caso, sarebbe un cassettista), ma per
rivenderli a un maggior prezzo, oppure vende titoli per ricomprarli a un prezzo
più basso.
La
speculazione opera anche al di fuori della borsa. Così, per esempio, è
speculatore chi compra una casa non per abitarla, ma per rivenderla a un
maggior prezzo.