CLASSE TERZA AFM - SECONDO QUADRIMESTRE - ECONOMIA - VERSIONE ORDINARIA 

L’IMPRESA E LA PRODUZIONE

La produzione: definizione, ciclo produttivo, fattori produttivi, produttività

Definizione

La produzione consiste nella creazione di beni, come il pane, e nella prestazione di servizi, cioè nello svolgimento di un’attività, come una visita medica.

La creazione dei beni si attua di regola mediante la trasformazione di un bene, come il grano (detto materia prima), in un altro, come il pane (detto bene finale).

Ciclo produttivo

L’insieme delle operazioni con cui si crea il bene o si presta il servizio prende il nome di ciclo produttivo; così, per esempio, il ciclo produttivo del pane si compone delle seguenti operazioni:

1) macinazione del grano; 2) impasto e cottura della farina derivante dalla macinazione.

Fattori produttivi

La produzione è realizzata dall’imprenditore,

il quale coordina i fattori produttivi, cioè gli elementi con cui si producono i beni: terra, lavoro e capitale.

Il fattore terra, detto anche natura, è costituito dalle risorse naturali utilizzate nella produzione, come il terreno da coltivare o su cui costruire, ma anche da altre risorse, come fiumi o miniere.

Essa è caratterizzata dall’irriproducibilità, nel senso che non ne può essere aumentata la quantità.

Ne consegue che occorre utilizzarla tenendo conto non solo dei bisogni della popolazione attuale, ma anche di quelli delle future generazioni.

Il fattore lavoro è costituito da coloro che impiegano le proprie energie fisiche o intellettive per produrre beni o servizi.

Nell’antichità, le persone consumavano quello che producevano con il proprio lavoro (cosiddetto “autoconsumo”).

Successivamente, ciascuno cominciò a specializzarsi, prima, nella produzione di alcuni beni soltanto, poi, nella realizzazione solo di alcune parti di un dato bene.

Tale specializzazione, detta divisione tecnica del lavoro, da un lato, aumenta la capacità di ciascun lavoratore di produrre, ma dall’altro rende il lavoro noioso, perché troppo ripetitivo.

Attualmente, buona parte delle operazioni ripetitive è eseguita mediante robot.

Il capitale è l’insieme dei beni utilizzati per produrre altri beni.

Esso si suddivide in circolante e fisso, a seconda che si consumi in un ciclo produttivo o in più cicli produttivi: nel primo rientrano, per esempio, le materie prime, mentre nel secondo, ad esempio, i macchinari.

Produttività

La produzione si differenzia dalla produttività: la prima consiste nella quantità di prodotto ottenuta in un certo tempo; la seconda nel rapporto tra la produzione e la quantità di fattori produttivi impiegati.

Per produttività marginale di uno dei fattori si intende, poi, la variazione della quantità di prodotto che consegue all’aumento di un’unità di tale fattore.

Così, per esempio, se consideriamo un’ora di lavoro del fornaio come un’unità del fattore lavoro, la variazione della quantità di pane che consegue all’aumento di un’ora di lavoro del fornaio sarà la produttività marginale del lavoro.

Di regola, se aumenta la quantità dei fattori, aumenterà proporzionalmente la quantità di prodotto, mentre se aumenta la quantità di uno dei fattori, aumenterà meno che proporzionalmente la quantità di prodotto (cosiddetta legge della produttività marginale decrescente).

Così, per esempio, se una piccola pizzeria con un pizzaiolo produce 100 pizze, con due pizzaioli ne produrrà di più, ma non certo 200, a meno che non aumentino contemporaneamente la quantità di farina disponibile e lo spazio per lavorare.

Oltre ai suddetti fattori produttivi, ve n’è un altro, costituito proprio dall’imprenditore, dato che anche lui, coordinando gli altri fattori, concorre alla produzione.

Il fattore produttivo costituito dall’imprenditore potremmo definirlo “imprenditorialità”.

La remunerazione dei fattori produttivi

L’imprenditore deve remunerare, cioè pagare una somma di denaro, per procurarsi i fattori produttivi.

La remunerazione dei fattori produttivi costituisce il loro reddito, onde è necessario approfondire quest’ultimo concetto.

Il reddito è il guadagno di una persona in un certo periodo.

La fonte del reddito è l’attività che fa guadagnare.

Le principali fonti di reddito sono la locazione, il prestito, il lavoro e l’esercizio di un’impresa.

Reddito del fattore natura

La locazione è l’accordo con cui il proprietario di un bene dà ad un’altra persona la possibilità di utilizzare il bene stesso, per un certo tempo, in cambio di una somma di denaro, detta rendita.

La remunerazione del fattore natura è, quindi, la rendita.

Reddito del fattore capitale

Il prestito è l’accordo con cui chi ha dei soldi li dà ad un’altra persona, per un certo tempo, in cambio di una somma di denaro, da aggiungersi, al momento della restituzione dei soldi ricevuti, a questi ultimi.

I soldi dati in prestito si dicono capitale; la somma di denaro da aggiungersi al capitale al momento della restituzione si dice interesse.

La remunerazione del fattore capitale è, quindi, l’interesse.

Il rapporto tra il capitale e l’interesse prende il nome di tasso di interesse ed è, di regola, indicato con una percentuale.

Per esempio, se il capitale è di € 200 e, dopo un anno, chi ha ricevuto il prestito deve restituire, oltre al capitale, € 20 di interesse, allora il rapporto tra il capitale e l’interesse, cioè il tasso di interesse, sarà del 10% annuo.

 

Per calcolare il capitale, il tasso di interesse o l’interesse è possibile ricorrere alla seguente proporzione:

100 : tasso di interesse = capitale : interesse.

Detta proporzione si legge: 100 sta al tasso di interesse come il capitale sta all’interesse.

Conoscendo, oltre al numero 100, due elementi, è possibile calcolare il terzo.

 

Esempio I: calcolare l’interesse, conoscendo il tasso di interesse, che è il 10%, ed il capitale, che è di 200 €:

100 : 10 = 200 : interesse.

Per calcolare l’interesse, basta moltiplicare 10 x 200 e dividere il risultato (che è 2.000) per 100; l’interesse sarà di 20 €.

 

Esempio II: calcolare il capitale, conoscendo l’interesse, che è di 40 €, ed il tasso di interesse, che è del 10%:

100 : 10 = capitale : 40.

Per calcolare il capitale, basta moltiplicare 100 x 40 e dividere il risultato (che è 4.000) per 10; il capitale sarà di 400 €.

 

Esempio III: calcolare il tasso di interesse, conoscendo l’interesse, che è di 50 €, ed il capitale, che è di 500 €:

100 : tasso di interesse = 500 : 50.

Per calcolare il tasso di interesse, basta moltiplicare 100 x 50 e dividere il risultato (che è 5.000) per 500; il tasso di interesse sarà il 10%.

 

Lo stesso procedimento di cui sopra potrà essere utilizzato per calcolare lo sconto o il prezzo pieno (cioè non scontato).

 

Esempio I: calcolare lo sconto, conoscendo il tasso di sconto, che è il 10%, ed il prezzo pieno (cioè non scontato), che è di 200 €:

100 : 10 = 200 : sconto.

Per calcolare lo sconto, basta moltiplicare 10 x 200 e dividere il risultato (che è 2.000) per 100; lo sconto sarà di 20 €.

 

Esempio II: calcolare il prezzo pieno, conoscendo lo sconto, che è di 40 €, ed il tasso di sconto, che è del 10%:

100 : 10 = prezzo pieno : 40.

Per calcolare il prezzo pieno, basta moltiplicare 100 x 40 e dividere il risultato (che è 4.000) per 10; il prezzo pieno sarà di 400 €.

 

Esempio III: calcolare il tasso di sconto, conoscendo lo sconto, che è di 50 €, ed il prezzo pieno, che è di 500 €:

100 : tasso di sconto = 500 : 50.

Per calcolare il tasso di sconto, basta moltiplicare 100 x 50 e dividere il risultato (che è 5.000) per 500; il tasso di sconto sarà il 10%.

 

In alternativa alla proporzione, per calcolare il capitale, il tasso di interesse o l’interesse (o lo sconto) è possibile ricorrere alle formule oltre indicate, diverse a seconda che il tempo sia espresso in anni, mesi o giorni, tenendo comunque presente il significato dei seguenti simboli:

C: capitale;

I: interesse;

r: tasso (o ragione);

t (tempo in anni);

m (tempo in mesi);

g (tempo in giorni).

 

Formule

Tempo in anni

Tempo in mesi

Tempo in giorni

I =    Crt

        100

C = Ix100

rt

r =  Ix100

Ct

t = Ix100

         Cr

I =    Crm

        1.200

C = Ix1.200

rm

r =  Ix1.200

         Cm

m = Ix1.200

         Cr

I =    Crg

        36.500

C = Ix36.500

rg

r =  Ix36.500

         Cg

g = Ix36.500

         Cr

 

Per scorporare il capitale dal montante (intendendo quest’ultimo come la somma di capitale e interesse) oppure il prezzo netto dal prezzo lordo (intendendo quest’ultimo come il prezzo non scontato oppure, per esempio, il prezzo comprensivo di IVA), è possibile ricorrere alla seguente formula:

100+aliquota (ossia tasso percentuale di interesse o di sconto o di IVA) : 100 = montante (o prezzo lordo) : x (cioè il capitale o il prezzo netto).

Esempio: calcolare il capitale (o il prezzo netto), sapendo che il montante (o prezzo lordo) è di € 2.000 e il tasso di interesse o di sconto o l’aliquota IVA è il 22%:

(100 + 22) : 100 = 2.000 : x

x = 100 x 2.000 = 100 x 2.000 = 200.000  = 1639,34.

         (100+22)           122                122

 

Reddito del fattore lavoro

Il lavoro può essere dipendente o autonomo.

Il lavoratore, dipendente o autonomo, svolge un’attività per un’altra persona.

 

Il lavoratore, dipendente o autonomo, lavora per un’altra persona,

ma

il lavoratore dipendente

il lavoratore autonomo

lavora stabilmente per l’altra persona, detta “datore di lavoro”;

lavora occasionalmente per l’altra persona, detta “cliente”;

lavora nel tempo e nel modo stabilito dal datore di lavoro, dal quale dipende;

lavora scegliendo, con una certa libertà, il modo ed il tempo del lavoro;

è pagato, a fine mese, con una somma fissa, detta, di solito, stipendio o salario.

è pagato, per ogni lavoro svolto, con un compenso detto, di solito, onorario.

 

La remunerazione del fattore lavoro è detta salario, dato che il lavoratore dipendente dall’imprenditore è pagato con una somma detta, appunto, salario (o stipendio).

 

Reddito del fattore imprenditorialità

L’esercizio di un’impresa è un’attività svolta per altri utilizzando una complessa organizzazione di uomini e di mezzi.

Chi esercita un’impresa viene detto imprenditore.

Come il lavoratore, anche l’imprenditore lavora per altri.

Egli, tuttavia, si distingue nettamente

-       sia dal lavoratore dipendente, in quanto non dipende da un datore di lavoro, ma, anzi, è di regola lui il datore di lavoro di altri;

-       sia dal lavoratore autonomo, in quanto utilizza, per lavorare, un’organizzazione complessa, di cui non dispone il lavoratore autonomo. Così, per esempio, l’idraulico che ripara un rubinetto è un lavoratore autonomo; la persona che costruisce un palazzo avvalendosi di macchinari e di numerosi operai è un imprenditore.

Il guadagno dell’imprenditore, detto profitto, è dato dalla differenza tra il totale dei soldi incassati ed il totale dei soldi spesi per lavorare.

La remunerazione del fattore imprenditorialità è detta, quindi, profitto.

 

LA MONETA E L'INFLAZIONE

La moneta

Dal baratto alla moneta

Nell’antichità, le persone consumavano quello che producevano (cosiddetto “autoconsumo”) e si procuravano i pochi beni da esse non prodotti scambiandoli con i beni propri (cosiddetto baratto).

Successivamente, ciascuno cominciò a specializzarsi nella produzione di alcuni beni e si fece sempre più pressante l’esigenza di procurarsi i beni non prodotti in proprio.

Nacque così il bisogno di un qualcosa che facilitasse lo scambio dei beni e venisse accettato come mezzo di pagamento.

Questo qualcosa fu un bene detto “moneta”.

Storicamente, la prima forma di moneta fu la moneta-merce.

Essa fu costituita, dapprima, dalla merce tipica di un determinato territorio (come il bestiame, il sale, ecc.) e, successivamente, dai metalli preziosi, soprattutto oro e argento, date le loro particolari caratteristiche, ossia:

- divisibilità, nel senso che tali metalli sono frazionabili in parti anche molto piccole, senza che ne diminuisca il valore (se divido in due parti un pezzo di oro dal valore di € 1.000.000, ciascuna di esse varrà, di regola, la metà del tutto, cioè € 500.000; se divido in due parti un notebook dal valore di € 1000, ciascuna delle due parti varrà molto meno di € 500);

- valore intrinseco elevato (il quale è dato sia dal valore del materiale di cui i metalli preziosi sono costituiti sia dal costo della loro lavorazione);

- facile trasportabilità.

- tendenziale inalterabilità, nel senso che i metalli preziosi non deperiscono facilmente.

La seconda forma di moneta fu la moneta-segno, ossia la moneta cartacea.

Essa è detta moneta-segno, nel senso che il suo valore non è dato dal materiale da cui è composta (intrinseco), ma da quello che è segnato su di essa (estrinseco).

La moneta-segno ebbe origine dai cosiddetti "certificati di deposito" che le banche rilasciavano come ricevuta dei depositi di moneta metallica.

Dal XIV secolo i certificati cominciarono a circolare in sostituzione della moneta depositata.

Nel XVII secolo, i banchieri, avendo sperimentato che i depositanti non ritiravano le monete depositate tutte in una volta, iniziarono ad emettere biglietti (detti banconote) in misura, spesso, superiore ai depositi di metalli preziosi custoditi, con conseguente impossibilità di soddisfare le richieste dei depositanti di conversione dei biglietti nei suddetti metalli.

Gli Stati, allora, per contenere il rischio di mancata conversione, limitarono il potere di emissione alle sole banche centrali.

Essi, inoltre, obbligarono le persone ad accettare la moneta come mezzo di pagamento (cosiddetta moneta legale), la quale, però, poteva essere convertita, su richiesta di chi la possedeva, in oro.

Nel 1971, gli Stati Uniti dichiararono che non avrebbero più convertito in oro la loro moneta (il dollaro). Da tale data si fa decorrere il cosiddetto “corso forzoso”, ossia, appunto, l’inconvertibilità della moneta in oro.

Il valore della moneta

La moneta ha un triplice valore: intrinseco, estrinseco (o nominale) e reale.

Il valore intrinseco è dato dal costo sostenuto per produrla.

Il valore estrinseco è dato dall’importo scritto su di essa.

Il valore reale è dato da ciò che con essa si può comprare.

Funzioni della moneta

La principale funzione della moneta è quella di mezzo di pagamento, nel senso che con essa si comprano i beni (per esempio, un cellulare) e i servizi (come una visita medica).

Più in particolare, la moneta ha quattro funzioni:

-       mezzo di pagamento;

-       misura dei valori;

-       intermediaria negli scambi;

-       riserva di valore.

Per quanto riguarda la prima funzione, quella di mezzo di pagamento, occorre aggiungere che essa, proprio in quanto utilizzabile come mezzo di pagamento, si dice che è un bene liquido.

I beni diversi dalla moneta, per essere utilizzabili come mezzi di pagamento, devono essere convertiti in moneta.

La conversione richiede tempo e può comportare perdita di valore; così, per esempio, per convertire una casa in moneta, occorre metterla in vendita e, se la si vuole vendere presto, occorre abbassarne il prezzo.

La casa, quindi, ha un grado di liquidità minore della moneta.

La seconda funzione della moneta è quella di misura dei valori, nel senso che con essa si stabilisce il valore dei vari beni rendendoli confrontabili l’uno con l’altro (per esempio, se un cellulare X costa 100 € ed un tablet Y costa 500 €, il tablet Y vale cinque cellulari X).

La terza funzione della moneta è quella di intermediaria negli scambi, nel senso che essa facilita lo scambio di beni.

In un'economia senza moneta i beni potrebbero essere scambiati soltanto con altri beni (baratto): scambio non sempre facile. Per esempio, se non ci fosse la moneta, chi avesse il cellulare X e volesse cederlo in cambio del tablet Y, dovrebbe trovare il proprietario di un tablet Y disposto a scambiarlo col cellulare X, il che sarebbe piuttosto difficile. È più facile vendere il cellulare e comprare il tablet, pagandolo col denaro ricavato dalla vendita del telefonino, sommato ai soldi necessari a coprire la differenza di valore fra i due beni.

La quarta funzione della moneta è quella di riserva di valore, nel senso che essa si può facilmente conservare, per cui consente di accumulare ricchezza più agevolmente rispetto ad altri beni (per esempio, anche i panini sono beni, ma essi non sono così facilmente conservabili come la moneta e, quindi, non si utilizzano per accumulare ricchezza).

 

L’offerta di moneta

L’offerta di moneta è costituita dalla moneta in circolazione, la quale può essere sia legale che bancaria.

La moneta legale

La moneta legale è emessa dalle autorità monetarie riconosciute dagli Stati ed è costituita dalla moneta divisionale (come la moneta da 5 centesimi) e da quella cartacea (come la banconota da 5 €).

Per quanto riguarda l’Italia, le autorità monetarie sono la BCE (Banca Centrale Europea) e la Banca d’Italia; quest’ultima, però, può emettere moneta solo sotto il controllo della BCE.

 

La moneta bancaria

La moneta bancaria è costituita dai depositi in conto corrente presso le banche.

 

La teoria quantitativa della moneta

Secondo la teoria quantitativa della moneta, l’aumento della moneta circolante comporta l’aumento dei prezzi.

Supponiamo che nel sistema vi siano 100 beni a € 10 cadauno e, quindi, che la moneta circolante sia di € 1000 (100 X 10 = 1.000).

Supponiamo, altresì, che, successivamente, i beni rimangano 100, ma la moneta in circolazione aumenti a € 2.000; in tal caso, il prezzo di ciascun bene si raddoppierà, sarà, cioè, di € 20.

 

L’inflazione

Definizione di inflazione

L'inflazione è un aumento della media dei prezzi dei beni (non, quindi, del prezzo di un solo bene).

Il tasso di inflazione è la percentuale di inflazione in un anno.

 

Calcolo dell’inflazione

In Italia, esso è calcolato da un ente pubblico chiamato ISTAT.

Nel calcolare l’inflazione, l’ISTAT:

a) considera solo una parte dei beni venduti in Italia (sarebbe troppo complicato considerarli tutti);

b) tiene conto:

- sia della variazione di prezzo dei beni a partire da un dato anno (detto anno base);

- sia di quanto la spesa per ciascun bene incida sulla spesa totale sostenuta dalle famiglie scelte dall'ISTAT.

Ne deriva che l’inflazione calcolata dall’ISTAT vale solo per le famiglie che spendono come la famiglia presa in considerazione dall’ISTAT.

Supponiamo, ad esempio, che:

1) l’ISTAT consideri due soli beni: pane e miele;

2) il loro prezzo, il 10.1.14, sia, al kg: pane: 2 €; miele: 10 €;

3) la famiglia-tipo scelta dall'ISTAT consumi, in un anno: 100 kg di pane; 2 kg di miele;

4) la famiglia-tipo spenda, quindi, nell’anno base (quello da cui si comincia a calcolare l’inflazione), 220 €, di cui: 200 € per il pane (2 € x 100 kg); 20 € di miele (10 € x 2 kg);

5) il 10.1.15, il prezzo, al kg, di detti beni diventi: pane: 2,30 €; miele: 10 €:

6) la famiglia-tipo spenda, quindi, nell’anno successivo a quello base, 250 €, di cui: 230 € per il pane (2,30 € x 100 kg); 20 € di miele (10 € x 2 kg);

7) la maggior somma spesa costituisce l’inflazione ed è pari ad € 30 (250 - 220);

8) il tasso di inflazione sarà del 13,64%, così calcolato: a): 250 - 220 = 30; b) 30 x100/220 = 13,64

Ora, se noi avessimo tenuto conto solo delle variazioni di prezzo e non dell’incidenza della spesa di ciascun bene sulla spesa totale (in altri termini, se noi avessimo considerato solo il prezzo al kg di ciascun bene, senza tener conto del numero di chilogrammi consumati in un anno dalle famiglie), il risultato sarebbe stato ben diverso.

In tal caso, infatti, il tasso di inflazione sarebbe stato del 2,5%, così calcolato: a) somma del prezzo di ciascun bene al 10.1.14: 2+10 =12; b) somma del prezzo di ciascun bene al 10.1.15: 2,3+10 =12,3; c) differenza tra le due somme: 12,3 - 12 = 0,3; d) calcolo percentuale di 0,3 rispetto a 12,3: 0,3 x 100/12 = 2,5.

Occorre, però, aggiungere che, nella realtà, il calcolo dell’inflazione è più complesso soprattutto perché si prendono in considerazione molti più beni.

 

Classificazione dei tipi di inflazione: secondo il tasso di inflazione

A seconda del tasso, l’inflazione si distingue in:

- strisciante, che è del 2-3%, come, attualmente, in Italia;

- robusta, che va oltre il 10%, come, negli anni 1975-1985, in Italia;

- galoppante, che va oltre il 100%, come in alcuni Paesi in via di sviluppo;

- iperinflazione, che aumenta di giorno in giorno, come, negli anni venti del secolo scorso, in Germania.

 

Classificazione dei tipi di inflazione: secondo la causa dell’inflazione

A seconda della causa che la provoca, l’inflazione si distingue in:

- inflazione da costi, che si ha quando aumenta il costo per produrre i beni, come, per esempio, il salario da pagare agli operai.

In tal caso, le imprese che fabbricano i prodotti ne aumentano il prezzo per compensare il maggior costo.

Per esempio, se una fabbrica spende 8.000 € per produrre un’auto e la vende a 10.000 €, guadagna 2.000 €.

Se aumenta lo stipendio agli operai, spenderà, per produrre la stessa auto, di più, per esempio, 9.000 € ed allora, per continuare a guadagnare 2.000 €, la venderà non a 10.000 €, ma ad 11.000 €;

- inflazione da domanda, che si ha quando aumenta la richiesta di beni, mentre non può aumentare la loro produzione.

In tal caso, le imprese che fabbricano i prodotti ne aument-ano il prezzo sapendo che i beni fabbricati saranno comunque venduti.

 

Categorie di persone avvantaggiate e svantaggiate dall’inflazione

L'inflazione comporta costi per alcune categorie di persone, come i creditori e i percettori di reddito fisso, e benefici per altre, come i debitori e i percettori di reddito variabile.

Supponiamo che oggi Tizio presti € 200.000 a Caio, il quale assuma l’obbligo di restituirli fra dieci anni. 

Supponiamo, altresì, che, alla data del prestito, con € 200.000 si possa acquistare un bilocale (una casa con due stanze oltre cucina e bagno).

Immaginiamo ancora che, dopo dieci anni, per effetto dell’inflazione, un bilocale costi € 400.000.

Tizio, passati i dieci anni stabiliti e ricevuta la somma data in prestito, si vede rimborsato un importo, in termini di potere di acquisto, che è esattamente la metà di quello che aveva prestato a Caio.

L’inflazione ha sfavorito Tizio, creditore, ed ha favorito Caio, debitore.

Per quanto riguarda i percettori di reddito, mentre i dipendenti o i pensionati, che hanno un reddito fisso, non possono adeguare immediatamente il loro reddito all’aumento dei prezzi, gl’imprenditori e i lavoratori autonomi, come gl’idraulici, possono alzare i prezzi da loro praticati per adeguarli al tasso di inflazione.

I creditori possono contrastare l’inflazione ricorrendo all’indicizzazione dei crediti.

L’indicizzazione consiste nello stabilire che il debito da restituire aumenti o diminuisca all’aumentare o diminuire di un certo dato, detto indice.

Un indice può essere anche il tasso di inflazione: creditore e debitore possono, cioè, stabilire che il debitore, alla scadenza del debito, lo rimborsi maggiorandolo di un importo determinato in base al tasso di inflazione.

Anche i percettori di reddito fisso potrebbero contrastare l’inflazione con l’indicizzazione, ma, per loro, è più difficile, in quanto devono accordarsi con il datore di lavoro.

Per quanto riguarda i pensionati, poiché per loro non vi è un datore di lavoro con cui concordare un indice, l’indicizzazione è prevista per legge.

LE BANCHE E I MERCATI FINANZIARI

Definizione di banca e di sistema bancario

La banca è un’impresa la cui principale funzione è quella di raccogliere il risparmio ed investirlo.

Il sistema bancario italiano è costituito dalle banche e dalle norme che le disciplinano.

 

Le operazioni bancarie

La banca compie tre tipi di operazioni: attive, passive e accessorie.

Le operazioni attive sono quelle con cui la banca guadagna, come, per esempio, la concessione di un mutuo, detto anche prestito.

Il mutuo è una somma di denaro che la banca concede, per un certo tempo, a chi la richiede. Questi, alla scadenza, la dovrà restituire maggiorata di un importo, chiamato interesse, calcolato in percentuale rispetto alla somma prestata (la percentuale è detta tasso di interesse).

Per esempio, se la banca Alfa concede a Tizio un mutuo di € 100.000 per un anno al 10%, Tizio, alla scadenza, dovrà restituire alla banca € 110.000, di cui € 100.000 quale importo ricevuto (detto capitale) ed € 10.000 come interesse, calcolato moltiplicando il capitale (100.000) per il tasso di interesse (10) per il tempo (1, in quanto il prestito è previsto per un anno), il tutto diviso per cento (100.000 x 10 x 1/100).

Le operazioni passive sono quelle con cui la banca si procura i soldi, pagando un interesse a chi glieli consegna, come, per esempio, il deposito in conto corrente.

Il conto corrente è un deposito che una persona fa in banca per un certo tempo o a tempo indeterminato (cioè fino al momento in cui il depositante non richiede la restituzione). La banca, alla scadenza, dovrà restituire la somma ricevuta maggiorata di un importo, chiamato interesse, calcolato in percentuale rispetto alla somma depositata (la percentuale è detta tasso di interesse).

 

Per esempio, se la banca Alfa riceve da Tizio un deposito di € 100.000 per un anno all’1%, la banca, alla scadenza, dovrà restituire a Tizio € 101.000, di cui € 100.000 quale importo ricevuto (detto capitale) ed € 1000 come interesse, calcolato moltiplicando il capitale (100.000) per il tasso di interesse (1) per il tempo (1, in quanto il prestito è previsto per un anno), il tutto diviso per cento (100.000 x 1 x 1/100).

Le operazioni accessorie sono servizi diversi dal prestito o dal deposito di denaro, come, per esempio, la tenuta delle cassette di sicurezza, in cui i clienti della banca possono depositare quel che vogliono senza che la banca possa sapere cosa c’è al loro interno. 

 

Il finanziamento del sistema economico 

Con la parola “finanziamento” si intende, di regola, un prestito.

Con l’espressione “finanziamento del sistema economico” si intende, invece, l’uso di mezzi finanziari, come il denaro, per l’esercizio di attività economiche (si dice anche che il “finanziamento del sistema economico” è dato dall’impiego di grandezze finanziarie, ossia denaro e titoli, come le obbligazioni, per produrre grandezze reali, cioè beni e servizi).

Il finanziamento è un servizio e, come per gli altri servizi, c’è un mercato in cui si incontrano domanda e offerta, cioè coloro che lo domandano con quelli che lo offrono.

Il mercato dei prestiti si distingue in monetario e finanziario.

Nel primo si contrattano prestiti a breve termine, ossia per un periodo non superiore a 18 mesi, come quelli stipulati dalle imprese per l’acquisto di materie prime; nel secondo, si contrattano prestiti a medio (dai 18 mesi a 5 anni) o lungo (oltre i 5 anni) termine, come quelli richiesti dalle famiglie per l’acquisto della casa, o dalle imprese per l’acquisto di macchinari.

I principali strumenti finanziari sono le azioni, le obbligazioni e i titoli di Stato, cioè i debiti contratti dallo Stato mediante emissione dei cosiddetti titoli del debito pubblico, come i BOT (buoni ordinari del Tesoro), di cui parleremo nel paragrafo successivo.

Gli intermediari finanziari sono i soggetti tramite i quali possono essere acquistati gli strumenti finanziari, come le banche o le SIM (società di intermediazione mobiliare). 

Il mercato mobiliare e la borsa

Il mercato mobiliare è un tipo di mercato finanziario, in cui si contrattano titoli, come azioni, obbligazioni e titoli di Stato.

La borsa è un mercato mobiliare regolamentato, nel senso che è gestito da una società in base a un regolamento, che dovrebbe garantire una maggiore sicurezza nelle transazioni, cioè nella compravendita di titoli.

La borsa può essere un luogo fisico, come quella di Wall Street, o virtuale, come quella italiana.

In Italia, la borsa è gestita da una società per azioni, Borsa italiana s.p.a., la quale ha il compito, tra l’altro, di stabilire quali società possono essere quotate, ossia ammesse a operare in borsa.

Sul mercato mobiliare vigilano sia la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), che è un’Autorità governativa, la quale verifica la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli operatori, sia la Banca d’Italia, che si accerta, tra l’altro, dell’adeguatezza del patrimonio degli operatori medesimi.

Rendimento, rischio e speculazione

Il rendimento è il guadagno ricavabile da un investimento, come, per esempio, l’investimento in azioni od obbligazioni.

Le azioni sono parti del patrimonio di una società per azioni, ossia di tutto quello che la società possiede. Così, per esempio, se il patrimonio di una s.p.a. è di € 100.000 ed è diviso in 100 azioni, ognuna di esse vale € 1.000, cioè un centesimo del suo patrimonio.

Le obbligazioni sono parti di un prestito richiesto da una società per azioni a tutti coloro che sono disposti a darle del denaro in cambio della sua restituzione con gli interessi. Così, per esempio, se il prestito ricevuto da una s.p.a. è di € 100.000 ed è diviso in 100 obbligazioni, ognuna di esse vale € 1.000, cioè un centesimo del prestito.

Le azioni sono titoli a reddito variabile, nel senso che il guadagno non è predeterminato.

Le obbligazioni, anche se di solito sono dette titoli a reddito fisso, in realtà possono essere sia a reddito fisso che variabile.

L’azionista, cioè il socio che possiede azioni, può guadagnare in due modi.

La prima forma di guadagno consiste nel ricevere una parte del guadagno della società, detta utile, rapportata al numero di azioni possedute.

In pratica, prima, l’utile viene diviso per il numero di azioni, ottenendo il guadagno per ogni azione, detto dividendo, poi, questo dividendo viene moltiplicato per il numero di azioni possedute da ogni socio.

Per esempio, se la società Alfa guadagna in un anno 30.000 euro, l’utile viene diviso per il numero di azioni, che, per esempio, sono 300, ottenendo un dividendo di 100 €; poi, questo dividendo viene moltiplicato per il numero di azioni possedute da ogni socio; pertanto, se il socio Mario possiede 100 azioni, otterrà 10.000 € (100 € per 100 azioni).

Bisogna, però, dire che non sempre l’utile ottenuto dalla società viene diviso tra i soci, in quanto:

-       da un lato, una parte dell’utile potrebbe essere destinata ad alimentare i cosiddetti fondi di riserva, previsti dalla legge o dagli atti societari, cioè accantonata per i bisogni futuri della società stessa;

-       dall’altro lato, l’assemblea dei soci potrebbe decidere di non ripartire, in tutto o in parte, l’utile tra gli azionisti al fine di reinvestirlo nell’attività della società.

La seconda forma di guadagno consiste nel rivendere le azioni ad un prezzo più alto di quello a cui il socio le ha comprate. Ciò avviene, di regola, quando la società guadagna bene e, quindi, il suo patrimonio aumenta.

L’obbligazionista, cioè il creditore che possiede obbligazioni, può guadagnare in due modi.

La prima forma di guadagno consiste nel ricevere l’interesse pagato dalla società rapportato al tasso di interesse ed al numero di obbligazioni possedute.

Per esempio, se la società Alfa paga sul prestito obbligazionario il 5% annuo di interesse, l’obbligazionista Giovanni riceverà il 5% su 10.000 €, ossia 500 €.

Altro esempio: se la società Alfa paga sul prestito obbligazionario un tasso variabile e, in particolare, nel 2022 del 5% annuo e nel 2023 del 10% annuo, l’obbligazionista Giovanni riceverà il 5% su 10.000 €, ossia 500 €, nel 2022, e il 10% su 10.000 €, ossia 1.000 €, nel 2023.

La seconda forma di guadagno consiste nel rivendere le obbligazioni ad un prezzo più alto di quello a cui l’obbligazionista le ha comprate.

Ciò avviene, di regola, quando la stessa società o un’altra società richiede un nuovo prestito obbligazionario ad un tasso di interesse più basso del precedente.

In tal caso, infatti, le obbligazioni vecchie renderanno di più rispetto alle nuove, per cui chi vuole un’obbligazione vecchia, più redditizia, la dovrà pagare di più.

Supponiamo che:

-                la società Alfa emetta, per il 2022, un’obbligazione di € 100, della durata di 2 anni (2022 e 2023), che rende il 5% annuo di interesse e, quindi, € 5 per il 2022 ed € 5 per il 2023;

-                la società Beta emetta, per il 2023, un’obbligazione di € 100, della durata di 1 anno (2023), che rende l’1% annuo di interesse e, quindi, € 1 per il 2023;

-                Mario abbia acquistato l’obbligazione di Alfa nel 2022 e la voglia vendere all’inizio del 2023, dopo aver incassato gli interessi per il 2022;

-                Giovanni intenda acquistare un’obbligazione per il 2023: se egli compra l’obbligazione di Beta, alla fine dell’anno guadagnerà 1€; se compra l’obbligazione di Giovanni, guadagnerà 5€. Ovvio, allora, che Giovanni chieda a Mario di vendergli la sua obbligazione, ma Giovanni, che sa dell’obbligazione di Beta, dice a Mario che gliela venderà per 104 €, così che alla fine dell’anno, il guadagno di Mario sia sempre di 1 €.

Le obbligazioni emesse dallo Stato prendono il nome di titoli del debito pubblico, come, principalmente, i BOT, i BTP e i CCT.

I BOT sono titoli a breve termine: 3 mesi, 6 mesi e 1 anno.

I BTP sono titoli a lungo termine, anche trent’anni.

I BOT e i BTP sono titoli a reddito fisso.

I CCT sono simili ai BTP, ma sono a reddito variabile.

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Il rischio è la probabilità di non guadagnare o addirittura di perdere, in tutto o in parte, il capitale investito.

Rischio e rendimento sono, di regola, correlati, nel senso che maggiore è la possibilità di rendimento, maggiore è il rischio di perdita. Così, per esempio, se una società non gode di molta fiducia da parte degli investitori, dovrà offrire un rendimento maggiore affinché possa piazzare le sue obbligazioni, ritenute più rischiose degli investitori stessi.

La speculazione, infine, consiste sostanzialmente in una scommessa: lo speculatore compra titoli non per tenerli (in tal caso, sarebbe un cassettista), ma per rivenderli a un maggior prezzo, oppure vende titoli per ricomprarli a un prezzo più basso.

La speculazione opera anche al di fuori della borsa. Così, per esempio, è speculatore chi compra una casa non per abitarla, ma per rivenderla a un maggior prezzo.

 

 

 

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