CLASSE QUINTA – 1° QUADRIMESTRE - DIRITTO - VERSIONE ORDINARIA -
L'ORDINAMENTO
COSTITUZIONALE
Il Parlamento
Definizione
Il
Parlamento è un organo costituzionale, rappresentativo e legislativo:
costituzionale, in quanto previsto e disciplinato dalla Costituzione;
rappresentativo, in quanto eletto dal popolo, di cui è rappresentante;
legislativo, in quanto emana le leggi.
Formazione
Il
Parlamento italiano è composto di due Camere aventi identici poteri (cosiddetto
bicameralismo perfetto): la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica.
Le
due Camere si differenziano principalmente per il numero dei componenti e per
l'elettorato.
Per
quanto riguarda il numero dei componenti, i deputati sono 400, mentre i
senatori sono 200 eletti dal popolo oltre ad un numero variabile di senatori a
vita.
Questi
ultimi sono gli ex Presidenti della Repubblica nonché, nel numero massimo di
cinque, i cittadini scelti per altissimi meriti dai Presidenti della
Repubblica.
Attualmente
sono sei, uno, quale ex Presidente della Repubblica (Napolitano), e cinque
scelti per meriti (Elena Cattaneo, microbiologa; Mario Monti, economista; Renzo
Piano, architetto; Carlo Rubbia, fisico; Liliana Segre, per meriti nel campo
sociale).
Per
quel che riguarda l’elettorato delle Camere, occorre premettere che esso è
costituito sia da coloro che possono votare (cosiddetto elettorato attivo), sia
da coloro che possono essere votati (cosiddetto elettorato passivo).
L’elettorato
attivo è formato sia alla Camera che, per effetto della legge cost. 18 ottobre
2021, n. 1 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 20/10/2021), al Senato, dai
cittadini italiani che hanno compiuto 18 anni.
L’elettorato
passivo, invece, è costituito, alla Camera, dai cittadini italiani che hanno
compiuto 25 anni, e al Senato, dai cittadini italiani che ne hanno compiuti 40.
Le
Camere sono elette per 5 anni.
Il
parlamentare, detto anche onorevole, non rappresenta solo coloro che lo hanno
eletto, ma l’intera Nazione, con la conseguenza che non è obbligato a mantenere
le promesse fatte ai suoi elettori (cosiddetto divieto di mandato imperativo).
Egli,
inoltre, non è responsabile per quello che dice e per come vota nell’esercizio
delle sue funzioni (cosiddetta insindacabilità), né può essere arrestato
(cosiddetta immunità) senza l’autorizzazione della Camera alla quale
appartiene, salvo che sia colto in flagranza, cioè nell’atto di commettere un
reato oppure in esecuzione di una sentenza di condanna definitiva, cioè di una
sentenza che non può essere più contestata.
Da quanto riportato nel sito
del Senato (https://www.senato.it/istituzione/legge-sul-trattamento-economico-dei-parlamentari) al 6/11/2025, risulta che i
Senatori:
-
percepiscono
un’indennità di € 10.385,31 lorda, che, poi, al netto di tributi e contributi, è
di circa € 5.000;
-
ottengono
un rimborso spese complessivo di € 9.330 (salvo una possibile riduzione
prevista per il caso di assenze alle votazioni), di cui solo € 2.090 da
dimostrare;
-
risparmiano
sulle spese di trasporto, dato che possono viaggiare gratis, sul territorio
italiano, col treno, via nave, in aereo e, inoltre, se percorrono l’autostrada,
non devono pagare i relativi pedaggi;
-
maturano
il diritto a pensione con 5 anni di servizio e vanno in pensione a 65 anni, ma
per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito
di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni;
-
incassano,
a fine mandato, un assegno pari all'80 per cento dell'indennità mensile
moltiplicata per il numero degli anni di mandato. Così, per esempio, il
senatore che ha svolto il suo incarico per 10 anni, avrà diritto a € 80.308,25,
calcolati moltiplicando l’80% di € 10.385,31, pari a 8.308,25, per 10;
-
hanno
diritto al rimborso, pur se parziale, di determinate spese sanitarie.
Da quanto riportato nel sito
della Camera (https://conoscere.camera.it/la-camera-dei-deputati/i-deputati/il-trattamento-economico)
al 7/11/2025, risulta che i Deputati:
-
percepiscono
un’indennità mensile netta (soldi in tasca) di circa 5.000 €;
-
ottengono
un rimborso spese complessivo di quasi 8.400 € (più precisamente, € 8.393,11 o € 8.837,01, a seconda che il tragitto
casa-aeroporto superi o meno 100 km), salvo, in ogni caso, una possibile
riduzione prevista per il caso di assenze alle votazioni, di cui solo € 1.845
da attestare;
-
risparmiano
sulle spese di trasporto, dato che possono viaggiare gratis, sul territorio
italiano, in treno, via nave, in aereo e, inoltre, non devono pagare i pedaggi
autostradali;
-
maturano
il diritto a pensione con 5 anni di servizio e vanno in pensione a 65 anni, ma
per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito
di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni;
-
incassano,
a fine mandato, un assegno pari all'80 per cento dell'indennità mensile
moltiplicata per il numero degli anni di mandato;
- hanno diritto al rimborso, secondo un certo tariffario, delle spese sanitarie.
|
Dal suindicato sito del Senato,
in particolare, emerge: «l'importo lordo
dell'indennità dei Senatori è pari a 10.385,31 euro (che si riducono a
10.064,77 euro per i Senatori che svolgano un'attività lavorativa). Benché non sia una
retribuzione derivante da un rapporto lavorativo, ai fini fiscali l'indennità
è un reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente e, dal 1° gennaio 1995,
è interamente assoggettata all'imposizione tributaria (è quindi abrogato
l'art.5 della legge n. 1261/1965 nella parte in cui prevedeva una parziale
esenzione fiscale per l'indennità parlamentare). Al netto delle ritenute
fiscali e dei contributi obbligatori per il trattamento previdenziale, per l'assegno di
fine mandato e per l'assistenza sanitaria, l'indennità mensile risulta pari
ad euro 5.304,89 (5.122,19 per coloro i quali
svolgano attività lavorative). Ovviamente da tali importi
vanno poi sottratte le addizionali all'IRPEF, che variano in base al
domicilio fiscale: l'indennità netta mensile corrisposta ai
Senatori può dunque essere leggermente inferiore o superiore ai 5.000
euro, a seconda della Regione e del Comune di residenza. Non è possibile cumulare
l'indennità con alcun reddito da lavoro da impiego pubblico, ai sensi
dell'art. 68 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che prevede per i pubblici dipendenti l'obbligo di
aspettativa senza assegni per mandato parlamentare. Rimborsi di spesa Diaria. E' prevista dalla
legge n.1261/1965 e spetta a tutti i parlamentari, a titolo di rimborso delle
spese di soggiorno. Periodicamente aggiornata in funzione dell'aumento del
costo della vita, la diaria è stata erogata dal 2001 al 2010 nella misura di 4.003
euro al mese. È stata poi ridotta a 3.500 euro a decorrere dal 1°
gennaio 2011, per effetto della deliberazione adottata dal Consiglio
di Presidenza in data 25 novembre 2010. Sono previste decurtazioni
per ogni giornata di assenza dai lavori parlamentari. In particolare è
penalizzata l'assenza dalle sedute delle Commissioni e delle Giunte in cui si
svolgano votazioni; per quel che riguarda i lavori dell'Assemblea, la
decurtazione della diaria si applica se il Senatore non partecipa almeno al
30 per cento delle votazioni effettuate nell'arco della giornata. Rimborso forfetario delle
spese generali. A
decorrere dal 1° gennaio 2011 i Senatori ricevono un rimborso forfetario
mensile di euro 1.650, che sostituisce e assorbe i preesistenti
rimborsi per le spese accessorie di viaggio e per le spese telefoniche.
L'importo è stato determinato dal Collegio dei Senatori Questori, nell'ambito
del riordino delle competenze economiche dei Senatori, mantenendo invariato
l'onere complessivo che gravava sul bilancio del Senato per i due rimborsi
soppressi. Rimborso delle spese per
l'esercizio del mandato. Ha
sostituito, a partire dal mese di marzo 2012, il preesistente
"contributo per il supporto dell'attività dei Senatori", che era un
rimborso spese interamente forfetario. L'importo complessivo, rimasto
invariato, è diviso in una quota mensile di euro 2.090 - sottoposta a
rendicontazione quadrimestrale - e in una ulteriore quota di 2.090 euro
mensili erogata forfetariamente. Nell'esercizio del mandato
sono inclusi non solo gli atti e gli adempimenti direttamente collegati alle
funzioni svolte nella sede del Senato e nella circoscrizione elettorale, ma
anche tutte le iniziative politiche, sociali, culturali che il Senatore assume
quale rappresentante della Nazione (ai sensi dell'art. 67 della
Costituzione). Facilitazioni di trasporto Durante l'esercizio del
mandato, i Senatori usufruiscono di tessere strettamente personali per i
trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e
marittimi e la circolazione sulla rete autostradale. Pensioni Dal 1° gennaio 2012 è stato
introdotto il nuovo trattamento previdenziale dei parlamentari, basato
sul sistema di calcolo contributivo già adottato per il
personale dipendente della Pubblica Amministrazione. Il diritto al
trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito,
anagrafico e contributivo: l'ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la
pensione a condizione di avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5
anni e di aver compiuto 65 anni di età. Per ogni anno di mandato
oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al
minimo inderogabile di 60 anni. Coerentemente con quanto
previsto per la generalità dei lavoratori, anche ai Senatori in carica alla
data del 1° gennaio 2012 è applicato un sistema pro rata: la loro
pensione risulta dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente
maturato, al 31 dicembre 2011, e della quota di pensione riferita agli anni
di mandato parlamentare esercitato dal 2012 in poi. La pensione pro
rata non può superare in nessun caso l'importo massimo previsto dal
previgente Regolamento per gli assegni vitalizi. Il 16 ottobre 2018 il
Consiglio di Presidenza ha approvato la rideterminazione su base contributiva
degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti
previdenziali pro rata nonché dei trattamenti di
reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011
[…]. Il Regolamento delle
pensioni dei senatori, approvato dal Consiglio di Presidenza il 31 gennaio
2012, prevede la sospensione del pagamento della pensione qualora
l'ex Senatore sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al
Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. Tale sospensione si applica
altresì a tutti gli incarichi incompatibili con lo status di parlamentare -
inclusi gli incarichi di Governo, in altri organi costituzionali, nelle
Giunte regionali nonché le cariche elettive negli enti territoriali
incompatibili con il mandato parlamentare - purché comportino un'indennità
pari almeno al 50 per cento dell'indennità parlamentare lorda. Infine, con la
deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 57 del 7 maggio 2015, è stata
disposta la cessazione dell'erogazione degli assegni vitalizi e delle
pensioni agli ex senatori condannati in via definitiva per reati di
particolare gravità. Assegno di fine mandato Al termine del mandato
parlamentare, il Senatore riceve dal Fondo di solidarietà fra i Senatori
l'assegno di fine mandato, che è pari all'80 per cento dell'importo mensile
lordo dell'indennità, moltiplicato per il numero degli anni di mandato
effettivo. Tale assegno viene erogato sulla base di contributi interamente a
carico dei Senatori, cui è trattenuto mensilmente il 6,7 per cento
dell'indennità lorda. Assistenza Sanitaria
Integrativa Il Fondo di solidarietà fra
i Senatori eroga un rimborso parziale di determinate spese sanitarie
sostenute dagli iscritti, nei limiti fissati dal Regolamento e dal
Tariffario. L'iscrizione è obbligatoria per i Senatori in carica, che versano
un contributo pari al 4,5 per cento dell'indennità lorda; è facoltativa per i
titolari di pensione, il cui contributo è pari al 4,7 per cento dell'importo
lordo del proprio assegno. Con il versamento di quote aggiuntive è possibile
l'iscrizione dei familiari. La riduzione del
trattamento economico dei Senatori Come si è già visto, nel
corso degli ultimi anni il trattamento complessivo dei Senatori è stato più
volte ridimensionato, al fine di contribuire alla riduzione della spesa
pubblica. Si ricapitolano le più importanti novità. Dal 1° gennaio 2006 al 2012
l'importo dell'indennità parlamentare lorda è stato ridotto da 12.434,32 a
10.385,31 euro. Inoltre dal 1° gennaio 2011 le competenze accessorie sono
state complessivamente ridotte di 1.000 euro al mese. Dopo la riforma degli
assegni vitalizi del 2007, che ridusse la misura di tali prestazioni e
raddoppiò il periodo minimo di mandato richiesto per maturare il diritto
all'assegno, portandolo da 2 anni e 6 mesi a 5 anni, dal gennaio 2012 è stato
radicalmente modificato il trattamento previdenziale di tutti i parlamentari,
con l'introduzione del sistema contributivo. Inoltre, a partire dal 1°
gennaio 2010, sono state notevolmente ridotte le facilitazioni di viaggio a
favore degli ex senatori, con l'introduzione di un tetto annuale per i viaggi
aerei e ferroviari sul territorio nazionale (peraltro riconosciuto per un periodo
di 10 anni dalla cessazione dal mandato) e con la soppressione di qualsiasi
rimborso dei pedaggi autostradali». |
|
Dal sito della Camera dei
deputati, poi, risulta: «In termini netti,
l'importo dell'indennità parlamentare, corrisposto per 12 mensilità, è pari a
5.290,71 euro, al quale devono poi essere sottratte le addizionali regionali
e comunali, la cui misura varia in relazione al domicilio fiscale del
deputato. Tenuto conto del valore medio di tali imposte addizionali,
l'importo netto mensile dell'indennità parlamentare risulta pari a
circa 5.000 euro. Tale misura netta è
determinata sulla base dell'importo lordo di 10.435,00 euro,
sul quale sono effettuate le dovute ritenute previdenziali (pensione e
assegno di fine mandato), assistenziali (assistenza sanitaria integrativa) e
fiscali (IRPEF e addizionali regionali e comunali). Diaria Viene riconosciuta, a
titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, sulla base della stessa
legge n.1261 del 1965. Anche l'ammontare della diaria è stato oggetto di
misure di riduzione. Nella riunione del 27 luglio 2010 l'Ufficio di
Presidenza ha ridotto di 500 euro la misura mensile della diaria,
fissandone l'ammontare in 3.503,11 euro. Tale riduzione è stata
confermata, senza soluzione di continuità, fino al 31 dicembre 2026. Tale somma viene decurtata
di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle sedute
dell'Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico. Si applica inoltre
un'ulteriore decurtazione, fino a 500 euro mensili, in relazione alla
percentuale di assenze dalle sedute delle Giunte, delle Commissioni
permanenti e speciali, del Comitato per la legislazione, delle Commissioni
bicamerali e d'inchiesta, nonché delle delegazioni parlamentari presso le
Assemblee internazionali. Rimborso delle spese per
l'esercizio del mandato Nella riunione del 30
gennaio 2012, l'Ufficio di Presidenza ha istituito un "rimborso delle
spese per l'esercizio del mandato", che sostituisce il contributo per le
spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori. Il rimborso è corrisposto
direttamente a ciascun deputato, salvo che lo stesso decida di avvalersi di
collaboratori. A seguito delle decisioni adottate dall'Ufficio di Presidenza,
infatti, il deputato può decidere di destinare l'intera quota del rimborso, o
una parte dello stesso, alla assunzione di uno o più collaboratori, nel
numero massimo di tre. Qualora il deputato decida
di non avvalersi di questa facoltà di utilizzo del rimborso, esso è
riconosciuto con le seguenti modalità: - per un importo fino a un massimo del
50 per cento, a titolo di rimborso per le seguenti categorie di spese, che
devono essere attestate: consulenze, ricerche; gestione dell'ufficio;
utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati; convegni e sostegno
delle attività politiche; attività di supporto a livello territoriale; - per
un importo pari al 50 per cento, forfetariamente. Spese di trasporto e spese
di viaggio I deputati usufruiscono di
tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed
aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal
luogo di residenza all'aeroporto utilizzato per i collegamenti con Roma è
previsto un rimborso forfetario (rimborso spese accessorie di
viaggio) individuato in base a due fasce chilometriche. Qualora la distanza da
percorrere sia pari o inferiore a 100 km, il rimborso ammonta a 3.323,70 euro
trimestrali; nel caso sia superiore, l'importo è pari a 3.995,10 euro a
trimestre. Spese telefoniche In linea con le già
ricordate misure di riduzione della spesa, a decorrere dal 1° aprile 2014
l'Ufficio di Presidenza ha ridotto il rimborso forfetario
delle spese telefoniche da 3.098,74 a 1.200 euro annui. Assistenza sanitaria Ciascun deputato versa
obbligatoriamente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità
lorda, pari a 526,66 euro mensili, destinata al sistema di assistenza
sanitaria integrativa, che eroga ai propri iscritti, senza oneri aggiuntivi
per il bilancio della Camera, rimborsi per prestazioni sanitarie, secondo
quanto previsto da un apposito tariffario. Assegno di fine mandato Ciascun deputato versa
mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda,
pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve
l'assegno di fine mandato, che è pari all'80 per cento dell'importo mensile
lordo dell'indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non
inferiore ai sei mesi). Pensione […] I deputati cessati dal
mandato, indipendentemente dall'inizio del mandato medesimo, conseguono
il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito
dell'esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi. Per
ogni anno di mandato ulteriore, l'età richiesta per il conseguimento del
diritto è diminuita di un anno, con il limite all'età di 60 anni» |
Funzionamento
Le
Camere possono svolgere i propri lavori in assemblea, nei gruppi o nelle
commissioni.
L'assemblea
è la riunione alla quale possono partecipare tutti i deputati alla Camera e
tutti i senatori al Senato.
Il gruppo
parlamentare è l’insieme dei deputati o dei senatori appartenenti, di regola,
allo stesso partito.
La
Commissione è l’insieme dei deputati o di senatori competenti in un determinato
settore.
La
composizione della Commissione rispecchia quella dell’Assemblea; così, per
esempio, se in Assemblea il 10% dei deputati appartiene al gruppo Alfa, anche
in Commissione il 10% dei deputati sarà del gruppo Alfa.
Il numero dei componenti di un gruppo che entrerà a far
parte di una Commissione si determinerà, quindi, mediante la seguente
proporzione:
Totale
dei componenti di una Camera (esempio: 400) STA a totale dei componenti della
Commissione (esempio: 20)
COME
totale
dei componenti di un gruppo (esempio: 100) STA a X
(X è
il numero dei componenti del gruppo che parteciperà alla Commissione).
In
pratica: 400: 20 = 100 : X. X è uguale a 20x100/400, ossia è uguale a 5.
Ciascuna
Commissione è competente in una determinata materia: per esempio, in materia
scolastica è competente la Commissione Cultura,
scienza e istruzione.
Le
funzioni parlamentari possono essere svolte sia dalle Camere separatamente,
come la funzione legislativa, sia dal Parlamento in seduta comune, come
l’elezione del Presidente della Repubblica.
Le
decisioni delle CAMERE possono essere prese, a seconda dei casi:
- a
maggioranza semplice (50% dei presenti alla seduta più un voto);
- a maggioranza assoluta (50% dei componenti più un voto);
- a maggioranza qualificata (più della maggioranza assoluta, come, per
esempio, i 2/3 dei componenti).
Funzione
legislativa
La
principale attribuzione del Parlamento è la funzione legislativa, cioè
l’emanazione di leggi sia ordinarie che costituzionali.
La
procedura per la formazione delle leggi ordinarie si articola in quattro fasi:
l’iniziativa; l’esame e la votazione; la promulgazione e la pubblicazione.
Tale procedura, tuttavia, non
è uguale per tutte le leggi ordinarie, sebbene si articoli sempre nelle
suddette fasi, come meglio risulterà dalla tabella oltre riportata.
La procedura per la
formazione delle leggi costituzionali, ossia delle leggi che modificano la
Costituzione, è detta aggravata ed è più complessa rispetto a quella relativa
alle leggi ordinarie.
La votazione deve essere
effettuata due volte da parte di ciascuna Camera ed inoltre tra la prima e la
seconda votazione devono passare almeno tre mesi.
Nella seconda votazione, le
leggi debbono essere approvate con la maggioranza dei due terzi dei componenti
di ciascuna Camera oppure con la maggioranza assoluta (cioè, la metà più uno)
dei componenti, ma, in quest’ultimo caso, le leggi possono essere sottoposte a
referendum, per cui sarà il popolo a decidere se approvare o non approvare le
leggi stesse.
Di seguito, si riportano tre tipi di procedimenti di
formazione delle leggi.
Leggi ordinarie non
particolarmente importanti
Esse sono approvate, di regola, secondo il procedimento
ordinario con Commissione in sede deliberante.
Tale procedimento si articola in quattro fasi: iniziativa;
esame e votazione; promulgazione; pubblicazione.
Iniziativa
Essa consiste nella presentazione di una proposta di legge,
per esempio da parte di un deputato alla Camera dei Deputati o da un senatore
al Senato della Repubblica o dal Governo (in tal caso, la proposta di legge
prende il nome di disegno di legge).
Esame e votazione
La proposta di legge viene esaminata e votata dalla
Commissione competente per materia della Camera a cui è stata presentata (es.:
una legge sulla scuola viene esaminata dalla Commissione Istruzione).
Se la proposta non è approvata, cioè non ottiene il voto
favorevole della maggioranza dei presenti, il procedimento si arresta.
Se la proposta è approvata, allora viene trasmessa alla
Commissione competente per materia dell’altra Camera, dove seguirà lo stesso
procedimento suindicato.
Se la Commissione della seconda Camera non approva la
proposta di legge, il procedimento si arresta.
Se la Commissione della seconda Camera approva con modifiche
la proposta, questa ritornerà alla Commissione della prima Camera, per essere
nuovamente votata (questo passaggio “avanti e indietro” della proposta di legge
si chiama “navetta”).
Promulgazione
Dopo l’approvazione da parte delle Commissioni di entrambe
le Camere, la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica, il quale:
-
se
ritiene che la legge rispetti la Costituzione, la promulga, cioè la firma,
attestando che la legge è perfetta;
-
se,
invece, pensa che la legge non rispetti la Costituzione, la può rinviare alle
Camere (cosiddetto veto sospensivo), ma se questela riapprovano, egli la dovrà
promulgare.
Pubblicazione
La legge promulgata viene pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale e diviene obbligatoria dopo quindici giorni, a meno che la legge
stessa non stabilisca un termine diverso.
Leggi ordinarie importanti
Esempi: leggi elettorali (che stabiliscono come si vota) e
leggi di delegazione (che incaricano il Governo di fare leggi).
Esse sono approvatesecondo il procedimento ordinario con
Commissione in sede referente.
Tale procedimento si articola in quattro fasi: iniziativa;
esame e votazione; promulgazione; pubblicazione.
Iniziativa
Essa consiste nella presentazione di una proposta di legge,
per esempio da parte di un deputato alla Camera dei Deputati o da un senatore
al Senato della Repubblica o dal Governo (in tal caso, la proposta di legge
prende il nome di disegno di legge).
Esame e votazione
La proposta di legge viene esaminata dalla Commissione
competente per materia della Camera a cui è stata presentata (es.: una legge
sulla scuola viene esaminata dalla Commissione Istruzione) e, poi, votata
dall’Assemblea, cioè da tutti i componenti della Camera cui appartiene la
Commissione.
Se la proposta non è approvata, cioè non ottiene il voto
favorevole della maggioranza dei presenti, il procedimento si arresta.
Se la proposta è approvata, allora viene trasmessa, per
l’esame, alla Commissione competente per materia dell’altra Camera, e da qui,
per l’approvazione, all’Assemblea della seconda Camera.
Se l’Assemblea della seconda Camera (per semplicità, d’ora
in poi diremo Camera al posto di Assemblea) non approva la proposta di legge,
il procedimento si arresta.
Se la seconda Camera approva con modifiche la proposta,
questa ritornerà alla prima Camera, per essere nuovamente votata (questo
passaggio “avanti e indietro” della proposta di legge si chiama “navetta”).
Promulgazione
Dopo l’approvazione da parte delle Commissioni di entrambe
le Camere, la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica, il quale:
-
se
ritiene che la legge rispetti la Costituzione, la promulga, cioè la firma,
attestando che la legge è perfetta;
-
se,
invece, pensa che la legge non rispetti la Costituzione, la può rinviare alle
Camere (cosiddetto veto sospensivo), ma se queste la riapprovano, egli la dovrà
promulgare.
Pubblicazione
La legge promulgata viene pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale e diviene obbligatoria dopo quindici giorni, a meno che la legge
stessa non stabilisca un termine diverso.
Leggi costituzionali
Il procedimento di formazione della legge costituzionale è
detto aggravato e consiste nella doppia approvazione delle leggi
costituzionali.
La prima approvazione segue lo stesso iter del procedimento
ordinario di formazione della legge e si articola, quindi, in quattro fasi:
iniziativa; esame e votazione; promulgazione; pubblicazione.
Iniziativa
Essa consiste nella presentazione di una proposta di legge
costituzionale, per esempio da parte di un deputato alla Camera dei Deputati o
da un senatore al Senato della Repubblica o dal Governo (in tal caso, la
proposta di legge prende il nome di disegno di legge).
Esame e votazione
La proposta di legge viene esaminata dalla Commissione
competente per materia della Camera a cui è stata presentata (es.: una legge
sulla scuola viene esaminata dalla Commissione Istruzione) e, poi, votata
dall’Assemblea, cioè da tutti i componenti della Camera cui appartiene la
Commissione.
Se la proposta non è approvata, cioè non ottiene il voto
favorevole della maggioranza dei presenti, il procedimento si arresta.
Se la proposta è approvata, allora viene trasmessa, per
l’esame, alla Commissione competente per materia dell’altra Camera, e da qui,
per l’approvazione, all’Assemblea della seconda Camera.
Se l’Assemblea della seconda Camera (per semplicità, d’ora
in poi diremo Camera al posto di Assemblea) non approva la proposta di legge,
il procedimento si arresta.
Se la seconda Camera approva con modifiche la proposta,
questa ritornerà alla prima Camera, per essere nuovamente votata (questo
passaggio “avanti e indietro” della proposta di legge si chiama “navetta”).
Dopo l’approvazione da parte di entrambe le Camere, la
legge, trascorsi almeno 3 mesi, è nuovamente votata dalle Camere.
Se la proposta di legge non viene riapprovata, il
procedimento si arresta.
Se la proposta di legge viene riapprovata con una
maggioranza qualificata, cioè molto alta (2/3 dei componenti di ciascuna
Camera), essa viene trasmessa al Presidente della Repubblica per la
promulgazione.
Se la proposta di legge viene, invece, riapprovata con una
maggioranza meno alta, comunque assoluta (cioè, più del 50% dei suoi
componenti), la legge viene pubblicata, ma può essere chiesto, entro tre mesi
dalla pubblicazione, da parte di almeno un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, un referendum, cioè una
votazione da parte del popolo.
Promulgazione
Dopo la seconda approvazione da parte delle Assemblee di
entrambe le Camere con la maggioranza qualificata;
oppure, dopo la seconda approvazione con la maggioranza
assoluta, senza che nel termine di tre mesi venga richiesto il referendum;
oppure, dopo il referendum che abbia confermato la legge,
cioè col voto favorevole della maggioranza dei votanti;
la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica promulga la legge, cioè la
firma attestando che la legge è perfetta.
Si ritiene, invero, sia pur dubitativamente, che nel caso
delle leggi costituzionali, il Giudice non possa avvalersi del veto sospensivo,
cioè della possibilità di rinviare la legge alle Camere, in quanto, trattandosi
di legge costituzionale, essa può anche modificare la Costituzione.
Pubblicazione
La legge promulgata viene pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale e diviene obbligatoria dopo quindici giorni, a meno che la legge
stessa non stabilisca un termine diverso.
Funzioni extralegislative del
Parlamento
Funzioni extralegislative del
Parlamento sono, per esempio:
1) la funzione di controllo
politico del Governo, la quale viene esercitata attraverso vari atti, tra cui,
per esempio, il voto di fiducia, che è l’atto con cui il Parlamento decide se
concedere o negare la fiducia al Governo e, quindi, se consentirgli o meno di
governare;
2) la funzione di elezione di
altri organi costituzionali, come l'elezione del Presidente della Repubblica.
Il sistema elettorale in generale
Il sistema elettorale è
costituito dalle norme che stabiliscono come si vota e come i voti si
trasformano in seggi, cioè in posti per gli eletti (per esempio, in posti di
deputato o di senatore).
I
sistemi elettorali principali sono quello proporzionale e quello maggioritario.
Il
sistema elettorale proporzionale si ha quando ogni partito ottiene un numero di
seggi in proporzione ai voti riportati, nel senso, per esempio, che se il
partito Alfa ottiene il 10% dei voti avrà il 10% dei seggi.
Il
sistema elettorale maggioritario si ha quando il partito più votato ottiene un
numero di seggi più che proporzionale ai voti riportati, nel senso, per
esempio, che se il partito Alfa ottiene il 10% dei voti avrà più del 10% dei
seggi.
Il
sistema elettorale maggioritario si dice uninominale quando il partito più
votato ottiene l'unico seggio disponibile.
Il
sistema proporzionale è più rappresentativo del maggioritario, nel senso che
tutti i votanti sono egualmente rappresentati, mentre con il maggioritario sono
più rappresentati gli elettori del partito più votato.
Quest'ultimo,
però, dovrebbe garantire una maggiore governabilità del Paese, in quanto il
partito vincente ottiene un numero di seggi sufficiente ad appoggiare il
Governo senza dover ricorrere ad alleanze con altri partiti, con le conseguenti
divergenze che mettono a rischio la stabilità del Governo medesimo.
Il
sistema elettorale italiano (cosiddetto Rosatellum)
Il
sistema elettorale italiano è misto, ossia, in parte, maggioritario e, in
parte, proporzionale.
Esso
prevede che:
-
il
37% dei seggi (147 alla Camera e 74 al Senato) sia assegnato con un sistema
maggioritario uninominale;
-
il
61% dei seggi (rispettivamente 245 e 122) sia ripartito proporzionalmente tra
le coalizioni (la coalizione è un gruppo di liste collegate tra loro) e le
singole liste che abbiano superato le previste soglie di sbarramento nazionali,
ossia le percentuali di voti al di sotto delle quali non si viene ammessi alla
ripartizione dei seggi (la ripartizione dei seggi è effettuata a livello
nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato);
- il 2% dei seggi (8 deputati e 4 senatori) sia destinato al voto degli italiani residenti all'estero e venga assegnato con un sistema proporzionale.
Approfondimento
Col
sistema proporzionale, i seggi sono assegnati calcolando i voti validi, le
soglie di sbarramento, le cifre elettorali, il quoziente elettorale e i seggi
spettanti.
Gli
esempi che seguono riguardano la Camera dei Deputati e sono semplificati, nel
senso, tra l’altro, che si suppone un numero di voti di gran lunga inferiore
rispetto a quello effettivo.
I dati necessari per calcolare il numero dei seggi sono:
a)
i
voti validi;
Esempio: voti validi a livello nazionale 100.000
b)
le
percentuali dei voti validi costituenti soglie di sbarramento. La soglia di
sbarramento è una percentuale al di sotto della quale i voti conseguiti non
sono sufficienti per ottenere dei seggi.
Le soglie di sbarramento principali sono quattro, di cui due
per le coalizioni, una per le liste singole, cioè non collegate in coalizione,
e una per tutte le liste, singole o collegate in coalizione.
|
Esempio:
-
prima
soglia di sbarramento delle coalizioni (percentuale di voti validi sul totale
dei voti validi nazionali che la coalizione deve ottenere per partecipare
alla distribuzione dei seggi): |
10% |
10.000 |
|
-
seconda
soglia di sbarramento delle coalizioni (percentuale di voti validi sul totale
dei voti validi nazionali che almeno una delle liste della coalizione deve
riportare affinché la coalizione partecipi alla distribuzione dei seggi): |
3% |
3.000 |
|
-
soglia
di sbarramento delle liste singole (percentuale di voti validi sul totale dei
voti validi nazionali che la lista singola, cioè non in coalizione con altre
liste, deve ottenere per partecipare alla distribuzione dei seggi): |
3% |
3.000 |
|
-
soglia
di sbarramento di tutte le liste, singole o in coalizione (percentuale di voti validi sul totale dei voti validi
nazionali al di sotto della quale, i voti di una lista non si conteggiano
tra i voti necessari per determinare le cifre elettorali): |
1% |
1.000 |
|
Alla
Camera dei Deputati le soglie del 3% e dell’1% non si applicano se la lista
singola o una delle liste collegate in coalizione: ·
è
rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute; ·
ed
è presentata esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui
statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di
tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20% dei voti
validi espressi nella regione medesima o i cui candidati siano stati
proclamati eletti in almeno un quarto dei collegi uninominali della
circoscrizione. ·
ha
conseguito almeno in una regione un numero di voti validi pari almeno al 20
per cento dei voti validi espressi nella regione medesima; ·
è
rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute ed è presentata
esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le
relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali
minoranze linguistiche, i cui candidati siano stati proclamati eletti in
almeno un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione regionale. |
c) la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione, la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista e la cifra elettorale nazionale.
La cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione è data dai voti validi riportati da ogni coalizione, al netto dei voti validi ottenuti dalle liste collegate alla stessa in percentuale inferiore all’1% dei voti validi totali di cui alla precedente lettera a).
|
Esempio: Coalizione
1 |
|
|
|
Lista
A della coalizione 1 (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
56,2% |
56.200 |
|
Lista
B della coalizione 1 (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
2,9% |
2.900 |
|
Lista
C della coalizione 1 (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
0,9% |
900 |
|
Voti
totali coalizione 1 |
|
60.000 |
|
Cifra
elettorale nazionale coalizione 1 (liste A e B) |
|
59.100 |
|
Esempio: Coalizione
2 |
|
|
|
Lista
D della coalizione 2 (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
31,5% |
31.500 |
|
Lista
E della coalizione 2 (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
2,7% |
2.700 |
|
Lista
F della coalizione 2 (% di voti validi nazionali e voti avuti) (La
lista F è rappresentativa di una minoranza linguistica riconosciuta, presentata
esclusivamente in una regione ad autonomia speciale ilcui statuto prevede una
particolaretutela di tale minoranza; regione in cui i voti validi sono stati
4.000, per cui la lista F, riportando 800 voti, ha conseguito il 20%dei voti
validi espressi nella regione medesima, soglia minima affinché i voti della
lista stessa siano conteggiabili nella coalizione) |
0,8% |
800 |
|
Voti
totali coalizione 2 |
|
35.000 |
|
Cifra
elettorale nazionale coalizione 2 (liste D,E, F) |
|
35.000 |
|
Esempio: |
|
|
|
Lista
G (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
3,5% |
3.500 |
|
Lista
H (% di voti validi nazionali e voti avuti) |
1,5% |
1.500 |
|
Cifra
elettorale nazionale di lista: lista G |
|
3.500 |
La cifra elettorale nazionale è data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di coalizione e delle cifre elettorali nazionali di lista.
|
Cifra elettorale nazionale
coalizione 1 (liste A e B) |
59.100 |
|
Cifra elettorale nazionale
coalizione 2 (liste D, E ed F) |
35.000 |
|
Cifra
elettorale nazionale lista G |
3.500 |
|
Cifra elettorale nazionale |
97.600 |
|
Cifra
elettorale nazionale |
97.600 |
|
Numero
dei seggi da assegnare |
245 |
|
Quoziente
elettorale nazionale |
398 |
e) il numero dei seggi spettanti a ciascuna coalizione o lista non collegata, ottenuto dividendo la cifra elettorale nazionale di ciascuna di esse per il quoziente elettorale nazionale di cui alla lettera d).
|
Esempio: numero seggi
spettanti a ciascuna coalizione o lista non collegata |
||
|
Coalizione
1 |
398 |
148 |
|
Coalizione
2 |
398 |
88 |
|
Lista
G |
398 |
9 |
Il Presidente della Repubblica
Definizione
Il
Presidente della Repubblica, organo costituzionale, è il Capo dello Stato e,
come tale, rappresenta l'unità nazionale, cioè tutti gli italiani.
Elezione
Può
essere eletto Presidente della Repubblica chi è cittadino italiano, gode dei
diritti civili e politici ed ha compiuto 50 anni.
Il
Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune e da 58
delegati regionali (uno per la Valle d'Aosta e 3 per ogni altra regione).
L'elezione
richiede la maggioranza qualificata dei 2/3 degli aventi diritto al voto nelle
prime tre votazioni e la maggioranza assoluta, cioè della metà più uno dei
medesimi aventi diritto, in quelle successive.
Il
Presidente dura in carica 7 anni ed è rieleggibile.
Funzioni
Il
Presidente della Repubblica è garante della Costituzione: egli, quindi, vigila
sulla sua osservanza da parte degli altri organi costituzionali e può
influenzare l'esercizio dei loro poteri.
Tenendo
conto del potere dello Stato su cui prevalentemente incidono, le principali
funzioni del Presidente della Repubblica possono essere così raggruppate:
-
nel campo legislativo:
- la nomina di 5 senatori a vita, o, meglio, di un numero
di senatori a vita che, sommato ai senatori a vita di nomina presidenziale
eventualmente presenti, non superi complessivamente il numero di cinque
(così, per esempio, se i senatori a vita di nomina presidenziale sono, al
momento dell’elezione di un nuovo Presidente, 4, quest’ultimo ne può
nominare uno soltanto);
- l'autorizzazione alla presentazione dei disegni di
legge;
- la promulgazione delle leggi con relativo veto
sospensivo, con la precisazione che la promulgazione è la firma della
legge approvata dalle Camere, mentre il veto sospensivo è la facoltà del
Presidente della Repubblica di rinviare al Parlamento le leggi approvate,
qualora ritenga che contrastino con la Costituzione, fermo restando che,
ove le Camere le riapprovino, egli le dovrà comunque promulgare;
- lo scioglimento delle Camere, tranne che nel c.d.
semestre bianco, ossia negli ultimi sei mesi del suo mandato;
-
nel campo esecutivo:
- la nomina del Presidente del Consiglio, dei ministri e
dei più importanti organi dello Stato come i sottosegretari (ossia coloro
che collaborano con i ministri e che, spesso, sono delegati da questi
ultimi in importanti settori della loro attività);
nel
campo giudiziario:
- la presidenza del Consiglio Superiore della
Magistratura, ossia dell'organo che decide in merito alla carriera ed alla
disciplina dei magistrati;
- la concessione della grazia, cioè dell'atto con cui il
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA cancella, in tutto o in parte, la pena alla
quale una persona è stata condannata.
Nel
caso in cui il Presidente della Repubblica non possa temporaneamente esercitare
le sue funzioni, è sostituito dal Presidente del Senato, mentre qualora non le
possa più esercitare (dimissioni, malattia grave, morte), il Presidente della
Camera, entro 15 giorni dall'impedimento, deve indire le elezioni del nuovo
Presidente.
Responsabilità
Ogni
atto del Presidente della Repubblica deve essere controfirmato dal ministro
competente nella materia relativa all'atto stesso. La responsabilità dell'atto
è del ministro. Il Presidente della Repubblica, infatti, secondo l'art. 90
Cost., non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue
funzioni, tranne che per alto tradimento ed attentato alla Costituzione. Tali
reati, secondo una certa opinione, si verificano quando egli commette un reato
previsto da altre norme e tale reato minacci il corretto funzionamento delle
istituzioni o l'integrità dello Stato. Secondo un’altra opinione, invece,
l’alto tradimento consisterebbe nella violazione del dovere di fedeltà alla
Repubblica con conseguente possibile pregiudizio alla personalità internazionale
dello Stato, mentre l’attentato alla Costituzione consisterebbe in un atto
diretto a modificare con frode o violenza l’ordinamento costituzionale dello
Stato.
Nel
caso di attentato alla Costituzione ed alto tradimento, il Presidente della
Repubblica viene accusato dal Parlamento in seduta comune e giudicato dalla
Corte Costituzionale integrata da 16 cittadini.
Il Governo
Definizione
e formazione.
Il
Governo è un organo costituzionale formato dal Presidente del Consiglio e dai
Ministri.
I
Ministri si distinguono in due categorie: Ministri con portafoglio e Ministri
senza portafoglio.
I
Ministri con portafoglio sono a capo di un Ministero, ossia di una struttura
complessa, costituita da uomini e mezzi, che gestisce un determinato settore
dello Stato, come, per esempio, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, che
si occupa della scuola. Essi sono ordinati gerarchicamente, cioè per livelli,
con la conseguenza che ciascun dipendente del Ministero stesso deve rispettare
le direttive di chi è a un livello più alto.
I
Ministri senza portafoglio non sono a capo di un Ministero ed esercitano, di
regola, le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio.
Occorre,
quindi, sottolineare che “senza portafoglio” non significa “senza denaro da
spendere”, in quanto i Ministri senza portafoglio dispongono di un fondo, anche
se compreso nello stanziamento previsto per la Presidenza del Consiglio.
È il
Presidente della Repubblica che nomina sia il Presidente del Consiglio, sia, su
proposta di quest'ultimo, i ministri.
Il
Presidente della Repubblica è libero di scegliere chi vuole come Presidente del
Consiglio, ma, di solito, nomina come Presidente del Consiglio il capo del
partito che ha vinto le elezioni.
Questo
perché la nomina del Governo deve essere approvata dalla maggioranza dei
parlamentari, la quale è formata proprio dagli appartenenti al partito
vittorioso.
Nel
linguaggio giuridico, per dire che il Parlamento deve approvare la nomina del
Governo fatta dal Presidente della Repubblica, si afferma che il Parlamento
deve concedere la fiducia al Governo.
Qualora
il Governo non ottenesse la fiducia da parte del Parlamento, esso dovrebbe
dimettersi.
Funzioni
La
principale funzione del Governo è quella esecutiva, ma esso esercita anche
un'altra fondamentale funzione: quella normativa.
La
funzione esecutiva consiste nell’esecuzione delle leggi.
Se,
per esempio, il Parlamento emanasse una legge con la quale stabilisse un
aumento del numero delle prigioni, il Governo avrebbe il compito di farle
costruire.
La
funzione normativa consiste nell’emanazione di norme giuridiche.
Gli
atti con cui il Governo pone norme giuridiche sono gli atti aventi forza di
legge ed i regolamenti.
Gli
atti aventi forza di legge sono di due tipi: decreti legge e decreti
legislativi.
I
decreti legge sono emanati dal Governo in casi straordinari di necessità e di
urgenza, come, per esempio, in caso di terremoto. Essi sono obbligatori dal
giorno della loro pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
Il
decreto legge deve essere convertito in legge (cioè, approvato) dalle Camere
entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Se non viene
convertito, esso perde efficacia sin dal giorno in cui è stato emanato.
Per
esempio, se un decreto legge introducesse una tassa per entrare nelle città ed
il Parlamento, entro 60 giorni, non la convertisse in legge, coloro che
avessero pagato la tassa in quei 60 giorni, avrebbero diritto ad essere
rimborsati.
I
decreti legislativi sono emanati dal Governo in base a una delega del
Parlamento.
L’opportunità
della delega si presenta, normalmente, quando debbano emanarsi leggi complesse,
come, per esempio, i codici, quale il codice della strada.
Qualora
il decreto legislativo non rispetti la delega, la Corte Costituzionale lo può
eliminare.
Così,
per esempio, nel 2009, il Parlamento delegò il Governo ad introdurre, mediante
decreto legislativo, la mediazione, ossia un procedimento con cui due litiganti
possono risolvere una lite senza ricorrere al Giudice. Il Governo, nel 2010,
emanò un decreto legislativo stabilendo che i litiganti, prima di cominciare la
causa davanti al Giudice, dovevano obbligatoriamente sottoporsi al procedimento
di mediazione. La Corte Costituzionale eliminò il decreto legislativo nella
parte in cui stabiliva che la mediazione era obbligatoria, dato che nella
delega non era prevista l'obbligatorietà.
I
regolamenti sono atti la cui funzione consiste, di regola, nel completare la
disciplina di una materia regolata dalla legge.
Essi
non possono essere in contrasto con le leggi. Così, per esempio, poiché la
legge n. 127/97 stabilisce che la partecipazione ai concorsi pubblici non è
soggetta, di solito, a limiti di età, un regolamento che disciplina la
partecipazione al concorso non può stabilire che i partecipanti non devono aver
superato una determinata età.
La Magistratura
Funzioni e prerogative dei magistrati
La Magistratura è
formata da persone, dette magistrati, che si possono suddividere in due
categorie: i giudici ed i pubblici ministeri.
I primi, cioè i
giudici, esercitano la funzione giurisdizionale, la quale consiste nel
risolvere le liti (cioè, stabilire chi ha ragione e chi ha torto) e nel punire
i reati, accertando, attraverso i processi (detti anche “cause”), nel
contraddittorio tra le parti (cioè, sentendo tutte le parti in causa), quali sono
le norme giuridiche da applicare nei casi concreti, ossia in quelli che vengono
sottoposti all'esame dei giudici stessi.
I secondi, cioè i
pubblici ministeri, hanno come principale funzione quella di esercitare
l'azione penale, cioè di accusare, davanti a un giudice, le persone che,
secondo loro, hanno commesso un reato.
I giudici devono
essere imparziali, nel senso che non devono favorire una delle parti in causa.
Per evitare che i
magistrati (sia giudici che pubblici ministeri) possano subire pressioni da
parte dei politici, soprattutto di quelli che governano, la Costituzione
stabilisce che essi sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.),
indipendenti da ogni altro potere dello Stato (art. 104 Cost.) e inamovibili
(art. 107 Cost.), ossia, di regola, non trasferibili.
Solo con il loro
consenso oppure con decisione del Consiglio Superiore della Magistratura,
possono, infatti, essere dispensati o sospesi dal servizio o destinati ad altre
sedi o funzioni (art. 107 Cost.).
Il C.S.M.
Il Consiglio
Superiore della Magistratura è l'organo che decide in merito alla carriera
(come, per esempio, i trasferimenti e le promozioni) ed alla disciplina (come,
per esempio, la destituzione, cioè, il licenziamento), dei magistrati.
Il CSM è, quindi,
l'organo di autogoverno dei magistrati, necessario, in quanto, come su detto,
essi non sono sottoposti agli altri poteri dello Stato.
Il CSM è formato
da tre membri di diritto e da 30 membri elettivi.
Per membro di
diritto di un organo si intende chi appartiene all’organo stesso in virtù della
sua posizione o delle sue funzioni e non perché è scelto da altri.
Così, per esempio,
nelle scuole, il Dirigente scolastico è membro di diritto del Consiglio di
Istituto, mentre docenti, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e
ausiliario, per entrare a far parte del Consiglio stesso, devono essere eletti.
Ritornando al
Consiglio Superiore della Magistratura, esso è composto, in conformità delle
modifiche apportate dall’art. 21, L. 71/2022, da:
- Tre membri di diritto,
ossia:
-- il Presidente
della Repubblica
-- il Primo
Presidente della Corte di Cassazione
-- il Procuratore
generale presso la Corte di Cassazione
- 20 membri appartenenti
alla magistratura, di cui 2 che esercitano funzioni di legittimità (e, quindi,
Magistrati della Corte di Cassazione), 13 che esercitano funzioni
giudicanti di merito (scelti, perciò, tra i Magistrati che giudicano) e 5
che esercitano funzioni requirenti di merito (votati tra i Magistrati che
esercitano la funzione di Pubblico Ministero. La richiesta fatta alla fine
del processo dal Pubblico Ministero al Giudice viene, infatti, detta
“requisitoria”, a differenza dell’analoga richiesta fatta dall’Avvocato,
che prende il nome di “arringa”. Di solito, il Pubblico Ministero chiede
la condanna dell’imputato, mentre l’avvocato difensore chiede, di regola,
l’assoluzione.);
- 10 membri eletti dal
Parlamento scelti tra professori ordinari in materie giuridiche o
avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione.
I componenti
magistrati (cosiddetti togati) appartenenti a tre categorie (legittimità,
requirenti di merito e giudicanti di merito), vengono eletti dai magistrati.
I componenti
eletti dal Parlamento (cosiddetti laici) sono invece eletti in seduta comune
dei due rami del Parlamento.
L’art. 22 della
Legge n. 195/1958, l’elezione dei componenti del Consiglio superiore da parte
del Parlamento in seduta comune delle due Camere avviene a scrutinio segreto e
con la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea; per gli scrutini successivi
al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Il Vice presidente
del CSM viene eletto da tutti i consiglieri e scelto fra i membri cosiddetti
laici: sostituisce il Presidente della Repubblica in caso di assenza o
impedimento, esercita le funzioni che questi gli delega nonché quelle previste
dalla legge e/o dal regolamento interno (quali, ad esempio, la predisposizione
dell’ordine del giorno e la presidenza del Comitato di presidenza).
I membri elettivi
del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente
rieleggibili.
Tipi di processo
La funzione
giurisdizionale si suddivide in ordinaria e speciale.
I Giudici ordinari
si occupano di tutte le cause che, per legge, non sono di competenza dei
Giudici speciali.
Sono giudici
speciali, per esempio, i Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.), i quali
sono competenti a decidere, tra l’altro, in merito ai ricorsi degli studenti
contro le bocciature da parte delle scuole.
Giurisdizione
ordinaria civile
La giurisdizione
ordinaria si ripartisce in civile e penale.
La giurisdizione
civile ha per oggetto i rapporti di diritto privato, che sono le relazioni tra
soggetti in posizione di parità tra loro.
Sono rapporti tra
soggetti in posizione di parità:
-
sia i rapporti tra privati (come la relazione tra marito e moglie o il
rapporto tra venditore e compratore);
-
sia i rapporti tra privati ed Enti pubblici, come lo Stato, quando gli
Enti pubblici non fanno valere il loro potere, come il rapporto tra lo Stato e
chi affitta (o, più esattamente, loca) allo Stato stesso un locale da adibire a
caserma.
Nei rapporti di
parità, entrambi i soggetti devono esprimere il loro consenso per la creazione
di un rapporto tra loro.
Sono rapporti non
paritari quelli tra Enti pubblici e privati quando gli Enti pubblici fanno
valere il loro potere, come nel caso in cui lo Stato espropria un terreno
(cioè, si appropria di un terreno) appartenente ad un privato per costruirci
una strada.
Nei rapporti non paritari,
la relazione si costituisce con la sola volontà dell’Ente Pubblico; il privato
può solo pretendere che l’Ente, nell’esercitare il suo potere, rispetti la
legge.
Tali rapporti
rientrano nel diritto pubblico e non sono, di regola, soggetti alla
giurisdizione ordinaria civile, ma alla giurisdizione speciale.
Anche le relazioni
tra Enti pubblici, come quelle tra lo Stato e la Regione, sono rapporti di
diritto pubblico e soggetti, quindi, di regola, alla giurisdizione speciale.
Le parti del
processo civile sono l'attore (o ricorrente), che è colui che inizia il
processo, e il convenuto (o resistente), che è il soggetto nei cui confronti il
processo viene iniziato.
La
giurisdizione ordinaria penale
La giurisdizione
penale ha per oggetto la decisione sull’accusa mossa dal pubblico ministero ad
un dato soggetto, nel senso che il giudice penale deve decidere se una persona
ha commesso o meno un reato, come, per esempio, un omicidio, e, quindi,
stabilire se assolverla oppure condannarla e, in quest’ultimo caso, a quale
pena.
Le principali
parti del processo penale sono il pubblico ministero, l'imputato, cioè colui
che è accusato di un reato, e la parte civile, ossia il soggetto che chiede il
risarcimento dei danni subiti a causa del reato.
Giudici
monocratici e collegiali
A seconda della
loro importanza, i casi possono essere decisi da un giudice singolo (cosiddetto
Giudice monocratico) o da un insieme di giudici (cosiddetto Giudice
collegiale).
Sia nel campo
civile che penale, giudici singoli sono il Giudice di pace e il Tribunale in
composizione monocratica, mentre giudici collegiali sono il Tribunale
ordinario, il Tribunale per i minorenni, la Corte di Appello e la Corte di
Cassazione.
Solo nel campo
penale, giudici collegiali sono, inoltre, la Corte di Assise e la Corte di
Assise d'Appello.
Gli organi
giudiziari delle maggiori città sono di regola suddivisi in sezioni. Ciascuna
sezione può essere monocratica e collegiale.
I
gradi di giurisdizione in generale
I giudici
suindicati sono, di norma, ordinati per gradi: il giudice davanti al quale
inizia la causa è detto giudice di primo grado; il giudice al quale si rivolge
chi ha perso la causa e desidera che sia cambiata la decisione (detta sentenza)
si dice giudice di secondo grado o giudice di appello.
Sia nel campo
civile che penale, giudici di primo grado sono, nella maggior parte dei casi,
il Giudice di pace, il Tribunale ordinario ed il Tribunale per i minorenni,
mentre di secondo grado sono il Tribunale (rispetto alle sentenze del Giudice
di Pace), la Corte di Appello (rispetto alle sentenze del Tribunale) e la
Sezione per i minorenni della Corte di Appello (rispetto alle sentenze del
Tribunale per i Minorenni).
Solo nel campo
penale, giudice di primo grado è, inoltre, la Corte di Assise, mentre di
secondo grado, rispetto alle sentenze di quest'ultima, è la Corte di Assise
d'Appello.
Dal fatto che
esistono più giudici si capisce che ciascuno di essi è competente a decidere
(cioè può decidere) solo determinati casi.
La competenza dei
giudici civili si determina in base ad un triplice criterio: territorio,
materia, valore.
In base al
criterio del territorio, ciascuno dei giudici è competente a decidere i casi
che si verificano su una determinata parte del territorio italiano.
Così, per esempio,
le cause di separazione tra i coniugi residenti a Roma devono essere decise da
un giudice di Roma
In virtù del
criterio della materia, ogni giudice è competente a decidere i casi di un certo
tipo, indipendentemente dal loro valore.
Così, per esempio,
le cause di separazione tra i coniugi devono essere decise dal Tribunale
ordinario.
In forza del
criterio del valore, i giudici si ripartiscono i casi a seconda del loro valore
in denaro.
Così, per esempio,
le cause le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila
euro sono decise dal Giudice di Pace.
La competenza dei
giudici penali si determina in base ad un duplice criterio: territorio e
materia.
In base al
criterio del territorio, è competente il giudice del luogo in cui è stato
commesso il reato.
In virtù del
criterio della materia, per esempio, la Corte di Assise è competente per il
reato di omicidio.
Contro le sentenze
emanate dai giudici di secondo grado è possibile ricorrere alla Corte di
Cassazione.
I
gradi di giurisdizione: la Corte di Cassazione
La Cassazione,
unica per tutta l'Italia e con sede a Roma, ha una funzione NOMOFILATTICA, nel
senso che assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge
su tutto il territorio italiano.
A tal fine, la
Corte di Cassazione ha il potere di cassare, ossia di cancellare, le sentenze
che non abbiano applicato esattamente la legge.
Tutti i giudici
suindicati, eccetto la Corte di Cassazione, sono detti giudici di merito, in
quanto giudici sia del “fatto” che del “diritto”:
- del “fatto”, in
quanto devono decidere, spiegandone le ragioni, se è vero o falso quanto
affermato dalle parti del processo (per esempio, se è vero o falso che Tizio ha
sottratto una cosa a Caio);
- del “diritto”,
in quanto, dopo aver accertato il fatto, devono decidere quale norma giuridica
applicare al caso (per esempio, se Tizio è responsabile di furto o di rapina,
cioè di furto con violenza).
La Corte di
Cassazione è detta giudice di legittimità, in quanto giudice del solo
“diritto”, nel senso che essa non accerta se è vero o falso il fatto, ma solo
se gli altri giudici hanno applicato la giusta norma e motivato logicamente la
loro decisione.
La cassazione
della sentenza può avvenire con o senza rinvio: se la Corte ritiene possibile
correggere l'errore del Giudice con un ulteriore processo, cassa la sentenza
con rinvio ad un altro Giudice; se, invece, ritiene che l'errore non possa
essere corretto neppure con un altro processo, allora cassa la sentenza senza
rinvio.
Esempio di
cassazione con rinvio.
In data 12-7-92 R.
P., denunciava alla Questura di Potenza che il giorno precedente era stata
violentata da C. C. La Corte di Appello di Potenza condannava l'imputato, ma la
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1636 del 6.11.1998, cassava la sentenza
con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in quanto la motivazione della
Corte di Potenza sarebbe stata carente (cioè incompleta) ed illogica.
La sentenza della
Cassazione suscitò, all'epoca, parecchio scalpore, in quanto una delle ragioni
del rinvio era data dal fatto che la Corte di Appello aveva condannato
l'imputato senza spiegare come fosse stata possibile la violenza, dato che la
ragazza indossava i jeans (le parole della Corte furono esattamente: “Deve poi
rilevarsi che è un dato di comune esperienza che è quasi impossibile sfilare
anche in parte i jeans di una persona senza la sua fattiva collaborazione,
poiché trattasi di una operazione che è già assai difficoltosa per chi li
indossa”).
Esempio di
cassazione senza rinvio.
Con la sentenza
del 9.6.11, il Tribunale di Salerno condannava un imputato per il reato
previsto dall'art. 650 del codice penale, in quanto faceva il parcheggiatore
abusivo, nonostante il divieto stabilito dal Questore di Salerno.
Con la sentenza
del 19.3.13, la Corte di Cassazione cassava senza rinvio la sentenza del
Tribunale, in quanto l'attività di parcheggiatore abusivo non è prevista dalla
legge come reato, anche se comunque è un'attività illecita, essendo vietata dal
codice della strada.
E' chiaro, che in
tal caso, la Cassazione non poteva rinviare la causa ad alcun giudice, perché
il processo non si sarebbe mai dovuto fare.
La Corte
Costituzionale
Definizione
La
Corte Costituzionale è un organo costituzionale.
Formazione
Essa
è composta da 15 giudici: 5 nominati dal Parlamento, 5 dal Presidente della
Repubblica e 5 da altri giudici.
I
membri della Corte devono essere scelti tra professori universitari in materie
giuridiche, avvocati con almeno 20 anni di professione ed alti magistrati (sono
tali i giudici che decidono in via definitiva sulle contestazioni contro le
sentenze pronunciate da magistrati di rango inferiore)
Essi
durano in carica nove anni e godono delle stesse garanzie dei parlamentari,
ossia dell'insindacabilità e dell'immunità.
Funzionamento
La
Corte può decidere solo se sono presenti almeno 11 Giudici.
Le sue
decisioni sono prese a maggioranza semplice (50% dei presenti più un voto).
Funzioni
La
Corte Costituzionale giudica:
1)
sulla legittimità costituzionale delle leggi;
2)
sui conflitti di attribuzione;
3)
sull'ammissibilità dei referendum abrogativi;
4)
il Presidente della Repubblica, nel caso in cui sia accusato di alto tradimento
o attentato alla Costituzione.
La
prima funzione consiste nel verificare se le leggi ordinarie rispettino la
Costituzione.
Essa
si esercita mediante due procedimenti: incidentale e principale.
Il
procedimento incidentale incide su un processo in corso.
In
particolare, qualora un Giudice, durante un processo, ritenga che, per
decidere, deve applicare una legge presumibilmente incostituzionale, sospende
il processo e chiede alla Corte Costituzionale di decidere se la legge sia
contraria o meno alla Costituzione.
Attenzione: se
il giudice ritiene che una legge sia contraria alla Costituzione, ma pensa che
tale legge non debba essere applicata al caso sottopostogli, allora egli deve
decidere la causa senza rivolgersi alla Corte.
In altre
parole, il Giudice, prima di sottoporre la questione di costituzionalità alla
Corte Costituzionale, deve valutare sia la rilevanza che la non manifesta
infondatezza della questione stessa: rilevanza vuol dire che la norma
presumibilmente incostituzionale rileva, cioè deve essere applicata, nel caso
sottoposto al Giudice;
Per comprendere
meglio il significato della rilevanza, facciamo alcuni esempi:
-
esempio
di questione rilevante e non manifestamente infondata: se una legge stabilisse che
gli ospedali possono assumere come medici solo i laureati in medicina di sesso
maschile ed una laureata in medicina si rivolgesse al Giudice per contestare il
rifiuto di un ospedale di assumerla come medico, la legge dovrebbe essere
applicata al caso da decidere, per cui la questione è rilevante; essa, inoltre,
non è manifestamente infondata, in quanto appare evidente che tale legge
contrasterebbe con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della
Costituzione;
-
esempio
di questione non rilevante, anche se non manifestamente infondata: se una legge stabilisse che
gli ospedali possono assumere come medici solo i laureati in medicina di sesso
maschile e una diplomata si rivolgesse al Giudice per contestare il rifiuto di
un ospedale di assumerla come medico, la legge NON dovrebbe essere applicata al
caso da decidere – in quanto la persona non è laureata – per cui la questione
non è rilevante, onde il giudice, se pure ritenesse la questione non
manifestamente infondata, cioè sospettasse di incostituzionalità la legge, non
dovrebbe chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla costituzionalità o meno di
quella legge, ma dovrebbe decidere senz'altro la causa;
-
esempio
di questione rilevante e manifestamente infondata: se una persona chiedesse al
Giudice di ordinare all’Amministrazione finanziaria la restituzione dell’IVA da
lui pagata sull’auto, in quanto il tributo in questione non è progressivo in
violazione dell’art. 53 della Costituzione, che sancisce la progressività del
sistema tributario, la questione sarebbe rilevante, in quanto la persona in
questione avrebbe dimostrato di aver pagato l’IVA, ma sarebbe manifestamente
infondata, in quanto l’art. 53 impone che il sistema tributario nel suo
complesso debba essere informato a criteri di progressività, ma non che ogni
imposta debba essere progressiva.
La seconda
funzione consiste nello stabilire quale organo di vertice abbia una determinata
attribuzione (cioè, un determinato potere). Se, per esempio, una Camera intende
sfiduciare un Ministro, ma quest'ultimo nega che essa ne abbia il potere,
allora sarà la Corte Costituzionale a decidere se spetta o meno alla Camera il
potere medesimo. Nel 1995, per esempio, la Corte Costituzionale ammise la
mozione di sfiducia da parte del Senato nei confronti del ministro Mancuso, che
aveva contestato al Senato il potere di approvare la mozione medesima.
La terza
funzione consiste nello stabilire se si possa fare un referendum abrogativo. Il
referendum abrogativo è l'atto con il quale il popolo abroga una norma
giuridica. Esso non è ammissibile nei casi previsti dall'art. 75 della
Costituzione, tra cui, per esempio, il caso in cui il popolo voglia abrogare
una norma in materia di tasse (se i cittadini potessero abolire le tasse, è
facile immaginare che molti di essi lo farebbero, con la conseguenza che lo
Stato non potrebbe più funzionare).
Il
referendum abrogativo è un mezzo di democrazia diretta.
Esso
deve essere chiesto da almeno 500.000 cittadini.
Affinché
il referendum abroghi la legge occorre che votino almeno la metà più uno degli
elettori (cioè dei cittadini aventi diritto al voto) e che, di coloro che
votano, almeno la metà più uno chiedano l’abrogazione.
Esempio:
supponiamo che gli elettori siano 40.000.000. Affinché il referendum sia
valido, occorre che votino almeno 20.000.001 elettori (ossia la metà più uno di
tutti gli elettori) e che, di costoro, almeno 10.000.001, (cioè più della metà)
chiedano l’abrogazione.
Coloro
che sono contrari all’abrogazione della legge di solito invitano i cittadini
NON a votare contro l'abrogazione, ma A NON andare a votare, così da rendere
invalido il referendum. Facciamo un esempio per capire meglio questo concetto.
Supponiamo
che gli elettori siano 40.000.000, di cui 19.000.000 vogliano l'eliminazione di
una legge, 3.000.000 vogliano che la legge non sia eliminata e 18.000.000 siano
indifferenti e, quindi, non vogliano andare a votare.
Se
gli elettori a favore e quelli a sfavore dell'eliminazione della legge vanno a
votare, i votanti saranno 22.000.000 (19.000.000 di elettori favorevoli
all'abrogazione più 3.000.000 di contrari) e, quindi, il referendum sarà
valido, perché hanno votato più di 20.000.000 di elettori, e la legge sarà
abrogata, perché ha votato a favore dell'abrogazione la maggioranza (19.000.000
contro 3.000.000).
Se,
invece, gli elettori contrari all'eliminazione della legge non andranno a
votare, i votanti saranno solo 19.000.000 e, quindi, il referendum non sarà
valido, in quanto hanno votato meno di 20.000.001 elettori, e, di conseguenza,
la legge non sarà abrogata.
E'
come se avesse vinto la minoranza (3.000.000 contro 19.000.000).
Si ricorda che
chi vuole l'abrogazione deve votare “SI”, mentre chi è contrario ad essa deve
votare “NO”.
Da
non confondere col referendum abrogativo, di cui sopra, è il referendum
costituzionale (o confermativo), previsto dall'art. 138 della Costituzione per
il caso in cui il Parlamento modifichi la Costituzione con una legge approvata
a maggioranza assoluta (cioè con la metà più uno dei parlamentari). In tal
caso, se, entro tre mesi dall'approvazione, ALMENO 500.000 cittadini o cinque
Consigli Regionali lo chiedono, si farà il referendum di conferma della legge
costituzionale approvata. A differenza del referendum abrogativo, quello
confermativo è valido anche se i votanti sono meno della maggioranza del corpo
elettorale.
Il
referendum non si potrà fare se la legge costituzionale sia stata approvata con
la maggioranza dei due terzi dei parlamentari (cosiddetta maggioranza
qualificata).
La quarta funzione è esercitata dalla Corte
unitamente a 16 cittadini scelti dal Parlamento in seduta comune.