CLASSE TERZA AFM-DIRITTO-APPROFONDIMENTO: LA RESPONSABILITÀ- 

versione ordinaria

 I numeri riportati nel testo si riferiscono:

-       agli articoli del codice civile, salvo che sia diversamente indicato (ove, comunque, siano seguiti dalla sigla “c.c.”, si riferiscono sempre al codice civile);

-       ai provvedimenti della Corte di Cassazione, se preceduti da una C e costituiti da due parti divise da uno slash (/), di cui la prima indica il numero della decisione, mentre il secondo l’anno della stessa;

-       ai provvedimenti della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, se preceduti da S.U. e costuiti, come sopra, da due parti;

-       agli articoli del codice penale, se seguiti da “c.p.”

 

La responsabilità in generale

La responsabilità è la soggezione alle conseguenze del proprio comportamento.

La responsabilità può essere contrattuale o extracontrattuale

 

Differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

La responsabilità extracontrattuale si differenzia da quella contrattuale sotto molteplici profili:

-       fonte: la responsabilità contrattuale presuppone un obbligo e, precisamente, la violazione di un obbligo nei confronti di un determinato soggetto, come quello nascente da un contratto; la responsabilità extracontrattuale presuppone, invece, la violazione di un dovere e, in particolare, il dovere di non causare danni agli altri.

Così, per esempio:

·       il compratore che non paga la cosa comprata, è responsabile contrattualmente, perché ha violato l’obbligo, nascente dal contratto di compravendita, di pagare un determinato soggetto, cioè chi gliel’ha venduta;

·       il conducente dell’auto che investe un pedone è, invece, responsabile extracontrattualmente, perché egli non ha violato l’obbligo di non investire un determinato soggetto - cioè, proprio quel pedone - ma il dovere che ha verso chiunque di non causare danni.

Se, però, il conducente dell’auto che ha investito e danneggiato il pedone viene condannato a risarcire il danno, egli assume, in forza della sentenza di condanna, un obbligo verso un determinato soggetto, il pedone danneggiato, e, quindi, ove non risarcisca il danno, egli diverrà responsabile contrattualmente;

-       capacità di intendere e volere: la responsabilità extracontrattuale presuppone la capacità di intendere e di volere del danneggiante ex art. 2046 c.c.; la responsabilità contrattuale, invece, presuppone detta capacità nella fase genetica dell’obbligazione (il contratto può essere annullato per incapacità legale ex 1425, co. 1, o naturale ex artt. 1425, co. 2, e 428), mentre non la richiede per la fase esecutiva, dato che «il debitore che ha eseguito la prestazione non può impugnare il pagamento a causa della propria incapacità» ex art. 1191;

-       la prescrizione del diritto risarcitorio: di regola, 10 anni nella responsabilità contrattuale, e 5 anni nella responsabilità extracontrattuale[1]. La prescrizione inizia a decorrere non dal momento in cui l’agente compie l’illecito o da quello in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all’altrui diritto, bensì dal momento in cui l’illecito ed il conseguente danno si manifestano all’esterno, divenendo oggettivamente percepibili e riconoscibili (Cass. n. 26188/11). La conoscibilità non implica che il danneggiato debba attivarsi per acquisire personalmente conoscenze tecnico-scientifiche;

-       le clausole di esonero della responsabilità, previste solo nella responsabilità contrattuale[2];

-       i danni risarcibili: prevedibili e, solo nel caso di dolo, imprevedibili, nella responsabilità contrattuale, prevedibili e imprevedibili nella responsabilità extracontrattuale, come desumibile dal fatto che l’art. 2056 non richiama l’art. 1225, sulla limitazione della risarcibilità, nel caso di inadempimento, ai soli danni prevedibili[3];

-       la costituzione in mora: necessaria, di regola, nella responsabilità contrattuale; non necessaria nella responsabilità extracontrattuale [4];

-       la ripartizione della responsabilità nei rapporti interni tra i debitori: in quote presuntivamente uguali, nella responsabilità contrattuale; secondo la gravità della rispettiva colpa e l'entità delle conseguenze derivatene, nella responsabilità extracontrattuale[5]. L’art. 2055 si applica anche al concorso tra responsabilità a titolo contrattuale ed extracontrattuale, come nel caso del terzo trasportato su un taxi, con airbag non funzionante, investito da un’altra auto, il quale subisca un danno maggiore di quello che avrebbe riportato ove l’airbag fosse stato funzionante. Il passeggero danneggiato potrà far valere la responsabilità contrattuale del tassista e quella extracontrattuale dell’investitore. I coobbligati possono stipulare patti che escludano o limitino la responsabilità di uno o più di essi, non operando il divieto di cui all’art. 1229, in quanto tali patti concernono i rapporti interni tra i soggetti imputabili di uno stesso fatto dannoso (Trabucchi);

-       l’onere di provare la colpevolezza del danneggiante, presunta nella responsabilità contrattuale, da provare da parte del danneggiato nella responsabilità extracontrattuale [6].

Analogie tra illecito contrattuale ed extracontrattuale

Le analogie tra illecito contrattuale ed extracontrattuale sono costituite da:

-       natura dell’obbligazione risarcitoria: debito di valore, soggetto, quindi, a rivalutazione automatica e a interessi sulla somma via via rivalutata dal dì dell’illecito fino a quello della liquidazione (Cass. S.U. 17 febbraio 1995 n. 1712);

-       risarcimento in forma specifica: si ritiene che l’art. 2058 si applichi anche alla responsabilità contrattuale, in quanto l’art. 1223 descrive le componenti del danno risarcibile (danno emergente e lucro cessante), ma nulla dispone sulle modalità del risarcimento. Così, per esempio, è stato affermato che, nel caso in cui il notaio rogante abbia dichiarato libero un bene gravato da ipoteca e sottoposto a procedura esecutiva, il risarcimento può essere disposto anche in forma specifica, mediante condanna del notaio alla cancellazione della formalità non rilevata, a condizione, tuttavia, che vi sia la possibilità di ottenere, a tal fine, il consenso del creditore procedente e che il relativo incombente non sia eccessivamente gravoso, sia per la natura dell’attività occorrente, che per la congruità, rispetto al danno, della somma da pagare;

-       risarcibilità del danno non patrimoniale: CU 26972/08 ha, infatti, ritenuto che l’art. 2059 sia applicabile anche nel caso di obbligo contrattuale.

 

La struttura del fatto illecito

Il fatto illecito è costituito essenzialmente da due elementi: oggettivo e soggettivo.

 

Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo si articola nel fatto, nel danno e nel nesso di causalità tra fatto e danno.

Il fatto può consistere in un comportamento commissivo od omissivo.

Il comportamento omissivo presuppone, però, l’obbligo di impedire l’evento nascente o da un rapporto giuridico o anche da un rapporto di fatto con una fonte di pericolo per il diritto altrui, sempreché il pericolo sia evitabile con un minimo di diligenza, come nel caso di un soggetto che, ricevuta una busta contenente un assegno a lui non intestato, non la restituisca al mittente e subisca il furto, per incuria, dell’assegno.

Il nesso causale tra fatto e danno è duplice:

-       nesso di causalità materiale, ex 2043, tra fatto e danno-evento, come la frattura della mano altrui;

-       nesso di causalità giuridico, ex 1223 e 2056[7], tra danno-evento e danno-conseguenza, come la perdita della funzionalità della mano, il dolore, l’impossibilità di lavorare o le difficoltà relazionali.

La duplicità del nesso causale è confermata dal 1227[8], il cui comma 1 è relativo al concorso nel danno-evento, mentre il comma 2 è relativo al danno-conseguenza.

Il danno-evento è la lesione di una situazione giuridicamente rilevante, mentre il danno-conseguenza è il pregiudizio conseguente al danno-evento. 

La causalità materiale

L’accertamento del nesso causale materiale è regolato dai seguenti criteri:

-       criterio condizionalistico (o criterio della condicio sine qua non, fondato sugli artt. 40[9] e 41[10] c.p.): si ritiene che l’evento non sia conseguenza del fatto, nel caso in cui esso non si sarebbe verificato ove il fatto non fosse avvenuto;

-       criterio dell’equivalenza cause (ex 41.1 c.p.):

·       nel caso di concorso di cause umane, si ritiene che tutti i danneggianti siano solidalmente responsabili nei confronti del danneggiato (ex 2055);

·       nel caso di concorso di cause umane e naturali non imputabili, si ritiene che il danneggiante sia responsabile integralmente dell’evento, ma, sul piano della causalità giuridica, il Giudice deve valutare la diversa efficienza delle concause, onde ascrivere a danneggiante l’obbligo di risarcire solo i danni riconducibili alla sua condotta, come in caso preesistente patologia (ex C3893/16);

-       criterio della causalità efficiente (ex 41.2 c.p.), il quale tempera il precedente criterio dell’equivalenza delle cause, escludendo la responsabilità dell’autore del fatto illecito nel caso in cui il danno sia stato cagionato da cause sopravvenute all’illecito, ma da sole sufficienti a determinare l'evento: così, per esempio, se un medico non sottopone il paziente agli esami necessari ad individuare la sua malattia, commette un illecito, ma se, poi, il paziente muore per errore di un altro medico, la condotta colposa di quest’ultimo costituisce  causa da sola sufficiente a produrre l’evento, escludendo la responsabilità del primo medico (C 33329/15);

-       criterio della causalità adeguata con prognosi postuma: occorre accertare che l’evento non sia una conseguenza del tutto imprevedibile del fatto (principio della causalità adeguata o della regolarità causale); accertamento da effettuarsi con una valutazione oggettiva, operata ex ante e in concreto, detta “prognosi postuma”.

Per prognosi si intende, di regola, la previsione sul decorso di una malattia; se, per esempio, il medico ritiene che il malato guarirà in 10 giorni, dirà che la prognosi è di 10 giorni. La prognosi consiste, quindi, nella previsione di un evento futuro. La prognosi postuma consiste, invece, nello stabilire, dopo che l’evento si è verificato, se lo stesso fosse prevedibile nel momento in cui fu compiuto il fatto che lo ha causato.

Così, per esempio, si dovrebbe ritenere responsabile il cacciatore che spara in un cespuglio, colpendo una persona che vi si trovava dietro, in quanto, ponendosi, con la mente, nel momento in cui il cacciatore sparava, si può ragionevolmente ritenere che egli avrebbe potuto prevedere la presenza di una persona dietro il cespuglio stesso; non si dovrebbe, invece, ritenere responsabile il medico che, nell’eseguire un intervento su un paziente, non ha seguito le linee guida vigenti nel momento in cui il paziente chiede il risarcimento del danno, ma non previste al tempo dell’intervento, in quanto il Giudice, coadiuvato da un altro medico di sua fiducia (cosiddetto “consulente tecnico di ufficio” o, nel linguaggio giornalistico, “superperito”), ponendosi, con la mente, nel momento in cui il medico operava, non potrebbe ragionevolmente ritenere che il medico fosse in grado di prevedere il futuro della scienza medica;

-       criterio del giudizio controfattuale nella causalità omissiva (detta anche normativa, perché basata sull’equiparazione della causalità omissiva a quella commissiva operata dall’art. 40 c.p.): il criterio in questione mira ad accertare se il danno avrebbe potuto essere evitato attraverso un giudizio ipotetico o controfattuale, attuato sostituendo all’omissione il comportamento alternativo doveroso. Così, per esempio, se un bimbo di un anno, affidato ad una babysitter, cade dal balcone mentre la ragazza parla al telefono in una stanza diversa da quella in cui si trova il piccolo, per stabilire se lei sia o meno responsabile, occorre mentalmente sostituire il comportamento doveroso – stare vicino al minore – alla chiaccherata in un’altra stanza, per verificare se la caduta si sarebbe comunque verificata. È evidente che, così procedendo, la ragazza è da ritenersi responsabile. Viceversa, se un alunno che non ha mai dato problemi, improvvisamente, durante la lezione in cui il professore, nello spiegare, guarda pure gli studenti, sferra un pugno ad un compagno, non c’è un comportamento alternativo che avrebbe potuto evitare l’evento e, quindi, il professore non sarà ritenuto responsabile.

Si ritiene che il nesso causale civile debba essere accertato secondo il criterio del più probabile che non (o della probabilità relativa o della preponderanza dell’evidenza), mentre quello penale secondo il criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

La probabilità di cui trattasi non è quella statistica (o pascaliana), ma quella logica (o baconiana).

La probabilità statistica è la possibilità che un dato evento si verifichi desunta dal numero di volte in cui lo stesso si è verificato in passato.

La probabilità logica è la possibilità che un dato evento si verifichi risultante da un ragionamento che tenga conto di tutti gli elementi che, in un caso concreto, depongano a favore del collegamento o meno dell’evento accaduto al fatto commesso.

Così, per esempio, la probabilità statistica che Mario, trentenne, romano, nel guidare la sua moto, abbia un incidente è calcolata sulla base del numero di incidenti che i maschi trentenni romani hanno avuto nel passato, mentre la probabilità logica che lo stesso soggetto, nel guidare la sua moto, in agosto, in una strada deserta, abbia un incidente, è evidentemente più bassa di quella che avrebbe, nel guidare, in città, nell’ora di punta, in un giorno di sciopero dei mezzi.

La ragione della differenza tra il criterio civile e quello penale nell’accertamento del nesso causale sta nel fatto che nel processo civile le ragioni delle parti sono parimenti meritevoli, mentre nel processo penale la possibilità che un colpevole sia assolto è ritenuta opzione preferibile al rischio che un innocente sia condannato.

Il danno

Il danno può essere patrimoniale e non patrimoniale.

Il danno patrimoniale consiste nella lesione di un interesse economico e, come tale, immediatamente valutabile in denaro. Così, per esempio, nel caso di furto di una somma di denaro, il danno è pari alla somma stessa, mentre nell’ipotesi della distruzione di un orologio, il danno è pari al valore dell’orologio al momento in cui è stato distrutto.

Il danno non patrimoniale consiste, invece, nella lesione di un interesse non economico e, come tale, non valutabile in denaro nel suo preciso ammontare, come nel caso del danno alla salute.

In tale ipotesi, il danno deve essere liquidato equitativamente, cioè tenendo  conto di tutti gli elementi da cui è possibile ricavare indicazioni per convertire in denaro il danno.

Facciamo un esempio di calcolo del danno non patrimoniale.

Supponiamo che il medico competente, che è il cosiddetto medico-legale, stabilisca che una persona, a seguito dell’illecito altrui, abbia subito una menomazione del 5%, nel senso che, mentre prima dell’illecito aveva una capacità fisica del 100%, dopo la menomazione avrà una capacità fisica del 95% (potrà fare, con il proprio corpo, il 95% delle cose che poteva fare prima della lesione).

Per calcolare il danno non patrimoniale cosiddetto biologico, cioè, esemplificando, un danno derivante da una menomazione fisica, occorrerà accertare se il fatto illecito è costituito o meno dalla causazione di un incidente stradale e se è avvenuto prima del 5 marzo 2025 oppure da questa data in poi.

Nel caso di incidente stradale, occorrerà distinguere tra menomazioni micropermanenti e macropermanenti, cioè lievi o gravi, ossia tra menomazioni pari o inferiori al 9% oppure dal 10% in su.

Per gli incidenti stradali accaduti prima del 5/3/2025, occorrerà, quindi, applicare, per le micropermanenti, la tabella legale (ossia, prevista dalla legge), e, per le macropermanenti, la tabella del Tribunale di Roma o quella del Tribunale di Milano. Tendenzialmente, a Roma si applicherà la tabella romana, mentre a Milano e nei tribunali di diverse altre città quella milanese.

Per gli incidenti stradali accaduti dal 5/3/2025 in poi, occorrerà applicare una delle due tabelle legali, a seconda che la lesione sia lieve o grave; non si applicheranno più, quindi, per le menomazioni da incidenti stradali, le tabelle di Roma o di Milano.

Per gli illeciti non costituiti dalla violazione delle regole stradali, si applicheranno, sia per le micropermanenti che macropermanenti, le tabelle dei Tribunali di Roma o di Milano.

Occorre, comunque, precisare che le regole relative agli incidenti stradali si applicano pure per gli incidenti coi natanti e per gli errori medici.

Un sito, tra i tanti, utile per fare i calcoli di cui sopra è https://www.avvocatoandreani.it/

Per la simulazione del calcolo si rinvia ai ripetuti esempi fatti a lezione.



[1] (C. 2085/1953). La tragedia di Superga fu un incidente aereo avvenuto il 4 maggio 1949 a Torino. [L’aereo] si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese; le vittime furono 31, nessun sopravvissuto.

Nell'incidente perse la vita l'intera squadra del Torino, vincitrice di cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949 e che costituiva la quasi totalità della Nazionale italiana. Nell'incidente morirono anche i dirigenti della squadra ed allenatori.

Il Torino fu proclamato campione d'Italia su delibera federale mancando quattro giornate dalla fine del campionato in quanto capolista fino alla strage, pur non avendo raggiunto ancora la certezza matematica del titolo. Di conseguenza, gli avversari di turno, così come la stessa squadra granata, schierarono le formazioni giovanili nelle restanti partite. Il giorno dei funerali più di mezzo milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto ai giocatori. Lo shock fu tale che l'anno seguente la nazionale si recò ai Mondiali in Brasile viaggiando in nave.

[2] CU 174/71: «Chi con il suo fatto doloso o colposo cagiona la morte del debitore altrui è obbligato a risarcire il danno subito dal creditore, qualora la morte abbia determinato l’estinzione del credito ed una perdita definitiva ed irreparabile per il creditore medesimo.

È definitiva ed irreparabile la perdita quando si tratti di obbligazioni di dare a titolo di mantenimento o di alimenti, sempre che non esistano obbligati in grado equale o posteriore, che possano sopportare il relativo onere, ovvero di obbligazioni di fare rispetto alle quali vi è insostituibilità del debitore, nel senso che non sia possibile al creditore procurarsi, se non a condizioni più onerose, prestazioni uguali o equipollenti.

Dovrà così la corte di rinvio […] stabilire se, supposta la responsabilità del Romero, sia configurabile, nei confronti della società Torino calcio, un danno per la morte del Meroni che sia, nei sensi sopra indicati, conseguenza immediata e diretta di quell’evento».

Occorre, tuttavia, rilevare che il Giudice di rinvio (AGenova 1973) ha stabilito che il Torino calcio non aveva subito danni, dato che aveva proseguito l’attività con buoni risultati agonistici e record di incassi.

[3] 1226. Valutazione equitativa del danno.

Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.



[1] Art. 2946. Prescrizione ordinaria.

Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.

Art. 2947. Prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.

Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni.

In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.

[2] Art. 1229. Clausole di esonero da responsabilità.

È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.

È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

[3] Art. 1225. Prevedibilità del danno.

Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione.

[Il Pothier ipotizzava tre serie causali: a) la morte per contagio di altri animali di proprietà del compratore; b) la perdita del raccolto per impossibilità di coltivare il fondo a causa della perdita dei bovini; c) il generale dissesto economico del compratore o il suo fallimento a causa della perdita del raccolto. La prima doveva considerarsi sempre risarcibile, la seconda solo a condizione che fosse inevitabile per il compratore, la terza da considerarsi irrisarcibile in quanto il danno doveva considerarsi quale conseguenza indiretta e remota.

Art. 2056. Valutazione dei danni.

Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227.

Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

[4] Art. 1219. Costituzione in mora.

«Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto.

Non è necessaria la costituzione in mora:

1) quando il debito deriva da fatto illecito;

2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l'obbligazione;

3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall'intimazione o dalla richiesta».

[5] Art. 2055. Responsabilità solidale.

«Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali».

Art. 1298. Rapporti interni tra debitori o creditori solidali.

«Nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi.

Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente».

[6] 1218. Responsabilità del debitore. «Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».

Art. 2697. Onere della prova.

Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

[7] Art. 1223. Risarcimento del danno. Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

Art. 2056. Valutazione dei danni.

Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227.

Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

[8] Art. 1227. Concorso del fatto colposo del creditore.

Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.

[8] Art. 2058. Risarcimento in forma specifica.

[9] 40 c.p.: Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

[10] 41 c.p.: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.

Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

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